02 -01- 2016
Il
presidente turco celebra l’uccisione di 3.100 combattenti kurdi, ma a morire
sono soprattutto i civili. Un nuovo gasdotto cementa la cooperazione con i
kurdi iracheni, ma in Siria Ankara perde terreno
di Chiara Cruciati – Il Manifesto
Roma, 2 gennaio 2016, Nena News – Due
poliziotti uccisi, due civili kurdi ammazzati: il nuovo anno nel
Secondo i calcoli snocciolati da Ankara nel
2015 sarebbero stati uccisi 3.100 combattenti kurdi tra Turchia e nord Iraq,
dove è in corso da mesi una campagna di raid aerei contro il Pkk: «Quest’anno
3.100 terroristi sono stati neutralizzati dentro e fuori il paese», ha detto il
presidente Erdogan nella conferenza stampa di fine anno, durante la quale
l’attenzione dei media si è concentrata più che altro nell’elogio del sistema
presidenziale della Germania di Hitler, modello – per Erdogan – per il futuro
della Turchia.
Che il presidente abbia sfruttato a proprio
favore la lotta globale al terrorismo dell’Isis per colpire il movimento di
liberazione kurdo non è una novità. E continua a farlo per nascondere la
debolezza dell’intervento contro lo Stato Islamico, target solo per pochi
giorni: «Non possiamo concentrare le nostre risorse contro l’Isis a causa
Una politica che va a definite anche la
strategia regionale della Turchia, in particolare in Siria e
Insieme all’accordo con Israele per la
costruzione di una conduttura simile, Ankara cerca così di svicolare i danni
provocati dalla guerra fredda in corso con la Russia che, con sanzioni
economiche, minaccia di lasciare a secco la Turchia, che copre ogni anno con Mosca
il 55-60%
A pagare lo scotto della politica regionale
turca è l’unità nazionale dell’Iraq che spera di trovare nuovo slancio con
l’operazione di Ramadi (dove ieri l’esercito iracheno ha liberato intere
famiglie e altri quartieri dalle ultime sacche di islamisti presenti) e la
prossima su
Dallo scorso anno la Turchia boicotta
apertamente le operazioni di difesa messe in piedi dalle Ypg, le Unità di
Difesa Popolari a Rojava. Che però hanno trovato alleati ben più potenti:
Russia e Stati uniti stanno cooperando con i kurdi siriani e la nuova
formazione Forze Democratiche, formata da kurdi, assiri, arabi e turkmeni. Armi
e raid aerei in cambio di informazioni di intelligence e di un fronte di
contenimento dell’Isis molto più efficace di quello delle opposizioni moderate
siriane. Ieri il gruppo ha ripreso i villaggi di Tanab e Tat Mrash, nel
distretto nord occidentale di Aleppo, dopo duri scontri con i qaedisti di
al-Nusra e Ahrar al Sham. Altre due comunità al confine con la Turchia che non
nasconde il timore di un corridoio kurdo lungo la frontiera.
La causa kurda viene sfruttata politicamente
soprattutto da Mosca in chiave anti-Erdogan: chiaro esempio è l’incontro tra il
leader dell’Hdp, partito turco di sinistra pro-kurdo, e il ministro degli
Esteri Lavrov la scorsa settimana. L’Hdp resta spina nel fianco: domenica
scorsa, insieme alla federazione di gruppi kurdi Dtk (Democratic Society
Congress), ha fatto appello alla creazione di una regione autonoma kurda che
possa auto-governarsi.