di Manlio Dinucci
Questo articolo è stato pubblicato lo scorso 2 febbraio dal quotidiano
Il Manifesto
Roma, 5 febbraio
2016, Nena News – Quest’anno il Carnevale
romano si apre il 2 febbraio, quando si esibisce alla
Farnesina lo «small group», il
piccolo gruppo ministeriale
(23 paesi più la Ue) della «Coalizione
globale anti-Daesh/Isis»,
co-presieduto dal segretario di Stato
Usa
John Kerry e dal ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Ne fanno
parte, mascherati da anti-terroristi, i maggiori sponsor del
terrorismo di «marca islamica», da decenni usato
per minare e demolire gli Stati che
ostacolano la strategia dell’impero. Alla testa della
sfilata in maschera gli Stati
uniti e l’Arabia Saudita. Quelli che documenta una inchiesta del «New York
Times» (24 gennaio) armano
e addestrano i «ribelli» da infiltrare
in Siria per l’operazione
«Timber Sycamore», autorizzata segretamente
dal presidente Obama nel 2013, condotta dalla Cia e finanziata da Riyad con milioni
di dollari. Confermata dalle immagini video del senatore Usa John McCain che, in missione in Siria per conto della Casa Bianca, incontra nel maggio 2013 Al Baghdadi, il «califfo» a capo dell’Isis.
È l’ultima delle
operazioni coperte Usa-Saudite, iniziate negli anni Settanta
e Ottanta: per destabilizzare l’Angola e altri paesi africani,
per armare e addestrare i mujahiddin in Afghanistan, per sostenere i contras in Nicaragua. Ciò spiega perché
gli Stati uniti non criticano l’Arabia Saudita per la violazione dei diritti umani e la sostengono attivamente nella guerra che
fa strage di civili nello
Yemen.
Fanno parte del gruppo mascherato anche la Giordania e il Qatar dove, documenta il «New York Times», la
Cia ha costituito le basi di addestramento
dei «ribelli», compresi «gruppi radicali come Al Qaeda», da infiltrare in Siria e altri paesi.
Il
Qatar fornisce per tali operazioni anche commandos, come fece quando nel
2011 inviò in Libia almeno 5mila uomini delle forze speciali.
«Noi qatariani eravamo tra i
ribelli libici sul terreno, a centinaia in ogni regione», dichiarò poi il capo di
stato maggiore Hamad al-Atiya («The Guardian»,
26 ottobre 2011). Tra
gli «antiterroristi» che si esibiscono
alla Farnesina ci sono anche
gli Emirati Arabi Uniti, che hanno
formato dal 2011 tramite la Blackwater un esercito segreto mercenario di circa 2mila
contractor, di cui circa 450 (colombiani
e altri latinoamericani) sono ora impegnati
nell’aggressione allo Yemen.
C’è il Bahrain
che, dopo aver schiacciato nel sangue l’opposizione democratica interna con l’aiuto delle truppe
saudite, ora restituisce il favore affiancando l’Arabia Saudita nel massacro degli
yemeniti, impresa a cui partecipa il
Kuwait, anch’esso membro
del gruppo «antiterrorista».
Di cui fa parte la Turchia,
avamposto Nato
della guerra contro la Siria e l’Iraq, che ha sostenuto l’Isis inviandogli ogni giorno centinaia di tir carichi
di armi e altri materiali. Per aver
pubblicato le prove, anche
video, della fornitura di armi
all’Isis da parte dei servizi
segreti di Ankara, i giornalisti turchi
Can Dündar e Erdem Gül sono stati
arrestati e rischiano l’ergastolo.
Tra le presenze occidentali nel gruppo mascherato spiccano la Francia e la Gran Bretagna, che usano forze
speciali e servizi segreti per operazioni coperte in Libia, Siria e altri paesi.
Fa gli
onori di casa l’Italia, che ha contribuito a incendiare il Nordafrica
e Medioriente partecipando alla demolizione della Libia. Dove ora si prepara
a ritornare, addirittura col ruolo «guida»,
per un’altra guerra sotto comando Usa/Nato, che, mascherata da «peacekeeping», mira al controllo delle zone strategiche e delle risorse energetiche libiche. Nei saloni
della Farnesina riecheggiano le note di «Tripoli,
bel suol d’amore», la canzone che nel 1911 inneggiava alla guerra coloniale
in Libia. Nena News