29 -02- 2016
Giornalisti
incarcerati o uccisi, emittenti tv e giornali chiusi. «Ma nonostante la repressione
e il sostegno allo Stato Islamico, Ankara ha fallito contro Rojava», spiega
Irfan Aktan, editorialista kurdo dell’agenzia al-Monitor
di Chiara Cruciati – Il Manifesto
Roma, 29 febbraio 2016, Nena News – Il
rilascio dei giornalisti Dundar e Gul, direttore e caporedattore di Cumhuriyet,
ordinata giovedì dalla Corte Costituzionale turca, segna un importante passo in
avanti per la libertà di stampa in Turchia e, contemporaneamente una sconfitta
per le politiche mediorientali del presidente Erdogan, a partire dalla
strategia di escalation militare in Siria. Ma gli attacchi contro la stampa non
cessano: nel mirino resta soprattutto l’informazione indipendente pro-kurda,
spiega al manifesto Irfan Aktan, editorialista kurdo per al-Monitor.
Con la scarcerazione di Dundar e Gul si è
aperta una breccia nel muro della repressione interna?
Dundar e Gul sono stati rilasciati, ma ci
sono ancora 31 giornalisti dietro le sbarre e 20 di loro sono kurdi. E poche
ore dopo il rilascio l’ufficio del procuratore ha chiesto alla Turksat, la
compagnia statale di telecomunicazioni, di interrompere la messa in onda del
canale pro-kurdo Imc-Tv. Inoltre il caporedattore di un quotidiano pro-kurdo,
Azadiya Welat, è stato ucciso insieme ad altri civili nella città sud-orientale
di Cizre durante scontri tra combattenti kurdi e forze armate turche. Per
questo temo che la Turchia stia cercando di far calare la pressione rilasciando
Dundar e Gul per poter aumentare la repressione contro la stampa kurda. Sebbene
la loro scarcerazione sia un passo importante per la libertà di stampa in
Turchia, potrebbe anche essere frutto di una decisione calcolata.
Come viene percepita dall’opinione pubblica
turca la campagna anti-kurda in atto nel paese e fuori?
L’opinione pubblica turca èspaccata. Una parte
condivide la politica islamista e nazionalista dell’Akp e non si oppone ai
bombardamenti contro le Ypg in Siria. C’è però una parte che, seppur
conservatrice e vicina al partito di Erdogan, non è convinta di un tale livello
di aggressività sia contro Rojava che contro il sud-est turco. Infine c’è
quella sezione di pubblico (che è o di origine kurda o che si oppone per
ragioni politiche e ideologiche all’Akp) fortemente contraria. È molto
probabile che i kurdi turchi reagiranno ad un eventuale intervento di Ankara in
Rojava, così come reagirono nel 2014 quando lo Stato Islamico attaccò Kobane e
la Turchia rimase a guardare: nella sollevazione kurda che seguì all’assedio di
Kobane oltre 50 civili furono uccisi. E anche stavolta le conseguenze potrebbero
essere terribili.
Oggi una campagna militare in Siria è già in
corso: l’artiglieria turca sta bombardando le postazioni kurde ad Azaz. Un
intervento di terra è immaginabile?
Nonostante le posizioni di Russia e Stati
Uniti, l’Akp ha fatto capire che non cambierà la sua attuale politica siriana.
Ma, avendo il solo sostegno dell’Arabia Saudita, dovrà pagare un prezzo alto.
L’intervento militare in Siria complicherebbe il conflitto, avrebbe effetti
devastati perché è ovvio che non solo la popolazione kurda non accetterebbe un
intervento, ma avrebbe contro anche la coalizione occidentale, la
Quindi Ankara agisce da sola, senza l’avallo
degli Stati Uniti e della Nato?
Non ci sono indicazioni che la mano della
Nato muova la politica turca contro i kurdi siriani. Al contrario, è
E per farlo non esita a sostenere anche lo
Stato Islamico, come dimostrato da molti giornalisti e attivisti kurdi ma anche
dagli stessi Dundar e Gul.
Qualche anno fa il presidente ha provato a
realizzare il suo progetto nazionalista con il “sostegno” kurdo, ovvero
sfruttando a proprio favore il negoziato
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati