18 -03- 2016
Ieri il Pyd
kurdo ha annunciato la nascita di una regione federale a nord, un modello per
il paese: una democrazia di base su livello comunitario e non la frammentazione
su base etnica e religiosa voluta dalla comunità internazionale
di Chiara Cruciati – Il Manifesto
Roma, 18 marzo 2016, Nena News – Rojava
balla da sola: ieri il Partito dell’Unione Democratica (Pyd) ha annunciato
quanto promesso, la nascita di una regione federale nel nord della Siria. I tre
cantoni di Kobane, Afrin e Jazira con il loro modello di confederalismo
democratico si rendono autonomi da Damasco. Una decisione unilaterale, non
legittimata né a livello nazionale che internazionale, ma che avrà conseguenze.
Per due ragioni: l’ira
Le ovvie reazioni alla dichiarazione di ieri
sono state di rifiuto. Da parte di tutti: Damasco, Stati Uniti e Turchia hanno
criticato, ognuno a modo suo, una mossa considerata affrettata e unilaterale.
Ma vanno sempre tenuti in considerazione gli equilibri politici sul campo: Rojava ha
saputo dare vita in pochi anni ad un modello funzionante di democrazia dal
basso, di cui fanno parte sì i kurdi siriani, ma anche arabi, turkmeni e
cristiani. E la loro capacità militare (ma anche ideologica) di resistenza alla
macchina da guerra dello Stato Islamico ne hanno fatto un imprescindibile
alleato, sia per l’Occidente che per il fronte Mosca-Damasco.
Tanto che ieri, dal meeting del Pyd nella
città di Rmeilan, ad Hasakah, è uscito un comunicato nel quale Rojava
si dice pronta a proseguire la lotta contro l’Isis al fianco di Usa e forze
governative. Perché, ribadiscono, la regione federale resterà parte integrante
dello Stato siriano: è stata ribattezzata, infatti, “Sistema
democratico federale di Rojava-Siria
Nonostante l’attesa presa di posizione di
Damasco («una mossa incostituzionale e senza valore», commenta il Ministero
degli Esteri siriano), non è campata in aria l’idea che nel futuro della Siria
i kurdi ottengano quell’autonomia che rincorrono da decenni e che – dicono da
Rmeilan – vorrebbero diventasse un modello per l’intero paese: non una
divisione federale su base etnica o religiosa, ma una struttura di governo che
si fondi sulla democrazia di base e di autogoverno delle comunità. Un’idea ben
diversa dalla divisione federale immaginata dalla comunità internazionale e
messa sul tavolo di Ginevra che andrebbe invece a radicare i settarismi
interni, invece di risolverli.
La dichiarazione va letta come mossa
preventiva da parte di un soggetto che, pur stretto alleato statunitense e
russo, è escluso dai negoziati di Ginevra. A tenerli fuori è stato il diktat
Contro il Pyd Ankara si muove da tempo. Non
solo abbandonando i civili assediati dall’Isis, non solo facendo passare dalla
propria porosa frontiera aiuti agli islamisti. Lo farebbe anche attraverso una
vera e propria milizia, “Nipoti di Saladino”, unità di kurdi integrata dentro
l’Esercito Libero Siriano. Kurdi contro kurdi: i Nipoti di Saladino
ricevono sostegno da Ankara, raccontano loro stessi a Middle East
Eye, in chiave anti-Rojava perché contrari al modello politico dei
tre cantoni e perché convinti dell’alleanza tra Pyd e governo di Damasco.
L’obiettivo, racconta Mahmoud Abu Hamza,
comandante della milizia basata in Turchia, è impedire l’avanzata dell’Isis ma
soprattutto evitare ampliamenti territoriali del Pyd. Coperti dall’artiglieria
turca, i 600 miliziani kurdi
Ci sono dei kurdi che al governo turco
piacciono: i Nipoti di Saladino, ideologicamente avversi al Pkk, e quelli
iracheni con cui
La strategia anti-kurda di
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati