23 -03- 2016
Damasco lancia dure accuse ai Paesi europei
che, afferma, per troppo tempo hanno sostenuto gruppi jihadisti spacciandoli
per “moderati”. Una politica che si è rivelata un boomerang
di Michele Giorgio – Il Manifesto
Gerusalemme, 23 marzo 2016, Nena News – Damasco alza la voce dopo le stragi di Bruxelles, così come aveva fatto
dopo gli attentati di Parigi. E punta l’indice contro l’Europa e i Paesi
occidentali che, denuncia, hanno condotto «politiche sbagliate». Gli attacchi
all’aeroporto e alla metropolitana della capitale belga, ha scritto in un
comunicato il ministero degli esteri siriano, «dimostrano che il terrorismo non
ha confini e che gli attacchi sono il risultato di politiche sbagliate…(è
stato) legittimato il terrorismo, definendo ‘moderati’ gruppi terroristici che
non sono altro che filiali dell’ideologia estremista wahhabita».
Evidente il riferimento alla nemica Arabia saudita, dove
domina il wahabismo, corrente tra le più rigide dell’Islam, sorella del
salafismo che anima l’Isis, al Qaeda e varie formazioni armate radicali che i
Paesi occidentali, la Turchia e le petromonarchie del Golfo, definiscono
“moderate”. Proprio la Francia colpita
duramente lo scorso novembre, ha imposto la presenza ai negoziati di Ginevra,
in corso tra governo e opposizioni siriane, di Jaysh al Islam, un gruppo
ideologicamente vicino all’Isis sponsorizzato dagli alleati sauditi.
La “moderata”
Decenni di “promozione”
Intanto in Siria i discepoli, ben armati e finanziati,
L’Isis rafforza le sue posizioni nel sud della Siria compensando le perdite
territoriali subite nel nord del Paese in questi ultimi mesi non certo per
l’intervento militare di Usa e Paesi europei, piuttosto grazie ai bombardamenti
dell’aviazione russa e al sacrificio sul terreno di migliaia di soldati siriani
e dei libanesi di Hezbollah e di altre formazioni sciite. Se la storica Palmira, come sembra, sarà
strappata all’Isis il merito sarà soltanto delle truppe regolari (formate anche
da sunniti), della milizia popolare filo governativa e degli uomini di
Hezbollah. Non certo per i proclami contro lo Stato Islamico fatti da Riyadh
all’unico scopo di ingraziarsi l’Occidente. Ed è paradossale
che coloro, come i combattenti di Hezbollah, che in Siria muoiono affrontando
l’Isis e al Nusra siano stati dichiarati “terroristi” dall’Arabia saudita e
dalle altre monarchie del Golfo.
A chi sosteneva che dopo il ritiro (parziale) russo anche Hezbollah avrebbe
ridotto il suo coinvolgimento in Siria, il leader
Michele Giorgio è su Twitter: @michelegiorgio2