2016-04-14-QT_che_cosa
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Che cosa sta accadendo in Siria? Le manovre reazionarie
contro il Rojava
La guerra in Siria, nonostante la disinformazione che
ci viene propinata, continua. Sixmasud,
popolato quasi interamente da popolazione curda, è
uno dei principali quartieri di Aleppo, e da diversi
giorni è sotto attacco da parte di Jaish al-Islam, la forza che presiede l'alto comitato per i
negoziati a Ginevra (Hnc), con artiglieria pesante e
armi chimiche (fatto confermato dal portavoce stesso di Jaish
al-Islam) che hanno fatto in pochi giorni decine di
morti. Obiettivo è operare una pulizia etnica dell'area, inducendo le migliaia di abitanti curdi ad emigrare. L'Hnc è l'interlocutore prescelto dall'Onu
per i colloqui di Ginevra e siede al tavolo delle trattative su invito di Eu (con ruolo centrale
dell'Italia), Usa e Russia. Il suo portavoce, Riyad Hijab, si era recato a Erbil, poche ore prima dell'attacco, per un colloquio con Massud Barzani, leader del
partito curdo-iracheno di destra (Pdk);
e forse non a caso all'aggressione ha partecipato anche un gruppo curdo islamista vicino al Pdk, Ehfed i-Salahittin.
Non basta: in questi giorni le milizie dello stato islamico (Is) si sono ritirate da alcuni villaggi al confine con la
Turchia, nella regione di Sheba – situata tra Kobane e Afrin – passando il
testimone ad Ahrar ash-Sham,
la più potente e radicale fazione salafita di matrice
siriana (anch'essa membro a tutti gli effetti dell'Hnc)
e posizionandosi più a sud, in modo da circondare
completamente il cantone di Afrin già sotto attacco
da parte della Turchia.
Che cosa sta accadendo? Un temibile accerchiamento politico, prima ancora che
militare, è in corso, e la primavera che inizia vedrà una lotta decisiva per il
vento di cambiamento che dal Kurdistan vorrebbe soffiare su tutto il medio
oriente. Le forze reazionarie siriane, appoggiate da alcune potenze regionali,
vogliono impedire la riunificazione del Rojava ed
espellere il confederalismo democratico dalla storia
della Siria. L'Arabia Saudita è riuscita, negli ultimi mesi, a farsi portavoce
carismatico di un largo settore del capitalismo mediorientale (che comprende la
Turchia e lambisce l'Egitto) interessato al controllo di tutto il territorio
siriano e delle sue risorse energetiche, idriche e agricole. Il progetto di un
rovesciamento di Assad –
uomo vicino ad una fazione capitalistica antagonista, quella iraniana – appare
oggi affidato più alla diplomazia che alle armi, mentre ciò che appare
prioritario è accreditare l'Hnc come sola forza in
grado di governare la futura Siria. La rivoluzione confederale del Rojava rappresentata dal congresso democratico siriano (Sdc), ombrello politico dell'esercito democratico siriano (Sdf) a guida Ypg, possiede una
forza militare ormai troppo pericolosa, e un prestigio politico in grado di
disturbare i progetti della borghesia mediorientale.
Le forze dell'Hnc,
quindi, attaccano le Ypg a partire
dal terreno a loro più favorevole, Aleppo; e Arhar
ash-Sham inizia a sostituire l'Is
quale interlocutore “presentabile” della Turchia sul confine, in attesa delle
prossime evoluzioni. Chi sono, tuttavia, le forze
dell'Hnc? Contrariamente a quanto afferma la nostra
stampa, non si tratta del Free Syrian
Army o Fsa (ex militari
siriani che disertarono con l'appoggio di Washington nel 2011),
ma dell'alleanza, sposorizzata dall'Arabia
Saudita, tra ciò che resta del Fsa (circa 20.000
uomini secondo uno studio statunitense) e il Fronte Islamico (80.000 uomini),
di cui i gruppi salafiti propugnatori
dell'instaurazione di uno stato islamico, Jaish al-Islam e Ahrar ash-Sham, costituiscono la leadership politica e militare.
L'idea di creare uno stato islamico in Siria non è, infatti, propria
esclusivamente dell'organizzazione che ne ha fatto il suo nome. Anche altri
attori dell'insurrezione siriana propugnano una simile evoluzione, e non
soltanto il Fronte Islamico, ma anche il sempre più radicato e sempre più forte
Jabat al-Nusra, escluso
dall'Hnc per essere la branca siriana di Al-Qaeda ma che, in ogni caso,
influenza l'Hnc attraverso Arhar
ash-Sham, sorta di suo portavoce di fatto.
L'Is,
d'altra parte, non è l'unico stato islamico della regione: l'Arabia Saudita è
uno stato islamico a sua volta (con tanto di imposizione
universale della legge coranica e continue
decapitazioni pubbliche) e il suo principale nemico, l'Iran, non lo è di meno.
Questo contesto è determinato dallo sfondo sociale
della guerra in corso, in cui il richiamo dell'islam come elemento di
secessione storica dalla colonizzazione occidentale fa presa su milioni di
giovani e meno giovani in tutto il mondo musulmano, sebbene i vecchi “stati
islamici”, come le monarchie del golfo, siano visti dalla nuova generazione
come forze ipocrtite perché servili con l'occidente.
Le Ypg, pochi giorni fa, hanno sequestrato a Shaddadi settecento passaporti indonesiani e malesi (con
unico timbro turco) abbandonati da miliziani dell'Is
dopo la fuga: la Siria è investita da un fenomeno storico-politico che ha
radici sociali planetarie profonde, e l'attuale retorica della guerra “allo
stato islamico” nasconde la scelta di combattere soltanto uno dei tanti stati
islamici presenti o possibili, in Siria come nel medio oriente. La
legittimazione internazionale dell'Hnc a Ginevra
denuncia la tentazione, soprattutto da parte degli Stati Uniti, di rassegnarsi
al fatto che non sarà possibile sconfiggerli tutti, e occorrerà venire a patti
anche con alcuni tra i più temibili; ma a scapito di chi?
I movimenti salafiti
animati dall'ideologia del purismo islamico, come al-Nusra,
Is, Arhar ash-Sham e Jaish al-Islam soverchiano i propri nemici
politicamente, prima che militarmente. Le umiliazioni, lo sfruttamento e
le violenze brutali associate alla colonizzazione
mondiale dell'American Way of Life hanno fornito buoni argomenti a chi
ha saputo presentarsi come unica opposizione moralmente coerente a questo
processo, soprattutto tra le popolazioni arabe. L'idea degli Usa, fin dai tempi
della resistenza antisovietica dell'Afghanistan, è che è possibile trovare
accordi con queste forze corrompendole, ossia proponendo affari alle loro leadership, in cambio di pace. Tuttavia il continuo
tradimento della causa da parte dei leader della prima ora non impedisce la
persistente formazione di nuove avanguardie di combattenti intenzionati a
purificarla, e le differenze tra Is e al-Nusra, o tra Is e Hnc, non impediscono tra loro alleanze stabili o intese contingenti – come mostra il cambio di consegne al
confine turco – e rapporti con le monarchie del golfo e il governo turco (forze
“apostate” e pervertitrici dell'Islam, secondo l'ideologia salafita,
ma il cui supporto monetario, logistico e militare è pragmaticamente
irrinunciabile).
Su questo meccanismo regionale si inseriscono gli interessi globali. Gli Stati Uniti hanno
appoggiato il Fsa, oggi parte minoritaria dell'Hnc, tra il 2011 e il 2014, fino a che lo stato islamico è
nato quale scissione teorica di Al-Nusra,
destabilizzando l'area e attaccando l'occidente. Il Fsa,
oltre ad aver accusato l'emorragia di migliaia di combattenti verso i gruppi salafiti, ed essersi mostrato militarmente inaffidabile, ha
costituito con il Fronte Islamico un comando rivoluzionario unificato con base
a Gazantiep in Turchia a fine 2014, presupposto
militare della creazione dell'Hnc da parte dei sauditi. L'appoggio statunitense alle Sdf, nel 2015, è stato motivato quindi da ragioni
squisitamente pragmatiche. Le Ypg erano
unico interlocutore presentabile ed efficace sul terreno, benché venissero
da una storia diversa. Si erano formate nel 2012 per rispondere agli attacchi non solo di al-Nusra,
ma anche delle Fsa armate dagli Usa. Il loro progetto
è dichiaratamente anticapitalista. Appoggiano l'insurrezione curda in Turchia, alleata degli Stati Uniti, e maggiore
sponsor assieme ai sauditi dell'Hnc. Il voltafaccia
statunitense del 2014-2015 potrebbe non essere l'ultimo.
Nè gli Usa né la Russia, in ogni caso, hanno
obiettato ai movimenti militari contro Sixmasud e
attorno ad Afrin almeno per il momento, sebbene
sembrino preludere a un possibile scontro su vasta scala tra Hnc e Sdf. La forza della
rivoluzione islamica in Siria fa sentire il suo peso, e fronteggia quella
confederale. Il momento è favorevole, con la legittimazione che l'Hnc ha ricevuto dall'Onu a
Ginevra, dove suo portavoce è il comandante in capo di Jaish
al-Islam, intento in queste ore a gasare i civili curdi nel nord di Aleppo. L'Hnc sa di avere il sicuro appoggio della Turchia in caso di attacco al Rojava, e proprio i
generali turchi hanno ricevuto militari Usa nelle ultime settimane, ponendo le
loro condizioni per l'evacuazione dell'Is dalla
regione di Sheba: nessuna rivendicazione territoriale
da parte delle Ypg (sebbene si tratti di Kurdistan),
appoggio aereo delle forze turcomanne del Fronte
Islamico, e scorporamento dalle Sdf delle forze arabe
che vogliono combattere nella zona, oltre che esclusione di quelle considerate
politicamente inaffidabili (come Jaish al-Tuwaar, “esercito dei rivoluzionari” arabo alleato delle
Ypg, che combatte contro Jaish
al-Islam - “esercito dell'islam” – a nord di Aleppo).
Il presidente del Kurdistan
iracheno Massud Barzani,
intanto, d'intesa con Turchia e Hnc, ha chiuso
completamente il confine tra Iraq e Rojava in
entrambe le direzioni, e pratica arresti politici – connessi con la situazione
siriana – in Iraq, segnatamente contro elementi di sinistra curdi
e internazionali. Il suo partito-satellite in Siria, l'Enks,
partecipa ai colloqui di Ginevra sotto l'ombrello dell'Hnc,
rendendo possibile la frottola di una presenza curda
nei colloqui di pace. Staffan de Mistura, Cristina Mogherini e François Hollande stringono le mani del portavoce dell'Hnc mentre
quest'ultimo coordina con l'Is
l'accerchiamento di Afrin o il massacro di Sixmasud, e quelle di Davutoglu
mentre la Turchia bombarda regolarmente non soltanto Afrin
e Qamishlo, ma minaccia pubblicamente di usare
l'aviazione contro Azaz. I media
internazionali calano un velo su tutto questo. Ciò che accade nel nord
della Siria è dimenticato sotto il nome di “processo
di pace” e “cessate il fuoco”, ma a ben vedere è un fuoco controrivoluzionario
quello che si sta propagando. Le Ypg e le Ypj si muovono per il Rojava
impazienti di sferrare l'attacco a Jarablus, primo
avamposto dell'Is sulla via per Afrin.
Si preparano a muovere verso Aleppo per porre fine all'assedio dell'Hnc. Il loro morale è alto mentre
si salutano con il motto “Serkeftin”, vittoria: la
Siria non cesserà di mettere alla prova gli equilibri internazionali.
Corrispondenza per Infoaut e Radio Onda d'Urto da Qamishlo,
Rojava
Postato 14th April 2016 da Davide Grasso