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Singal: trasfigurazioni della guerriglia
Il sole è appena sorto su Singal quando attraversiamo la distesa di rovine dei quartieri
settentrionali. Una forma si staglia sul tetto di un edificio a quattro piani,
talmente immobile da non sembrare umana: invece è una compagna seduta per il
turno di guardia, con il mitra a tracolla. Appena
sente il nostro richiamo, si alza in piedi e scende ad aprirci la porta sul
cortile. Nel giro di cinque minuti, siamo circondati da un folto gruppo di
ragazze delle Yja-Star, le unità armate femminili del
Pkk. Nessuna di loro parla altra lingua se non il curdo e il turco, ma sono felici di offrirci un tè.
L'atmosfera che emanano queste donne è difficile da
spiegare: è come se l'aria stessa fosse donna, nei luoghi che hanno impregnato
della loro presenza. Poco dopo, due furgoni si fermano lungo la strada: scende Aged, comandante delle Ybs, le
unità ezide formate nel 2014
per liberare e proteggere Singal.
Due ragazzi delle Hpg (unità maschili del Pkk)
vogliono a tutti i costi caricarsi i nostri zaini sulle spalle, mentre
percorriamo all'inverso la stessa strada della città. Ci conducono al quartier generale del partito dei lavoratori del Kurdistan,
dove prendiamo posto in una luminosa sala,
gradevolmente ornata di divani e tappeti – sebbene a Singal,
devastata da anni di guerra, non esista edificio dove non scorrazzi anche
qualche topolino. Offrono patatine fritte appena cucinate, morbide e calde, e
una bibita. (Chi scrive può testimoniare che le
patatine del Pkk di Singal
non hanno davvero eguali, al netto di qualsiasi simpatia politica o
pregiudizio: neanche quelle celeberrime di Shake Shek,
su Madison Square a Manhattan
– luogo peraltro infestato non da topi, ma dai ratti – reggono il confronto).
Tra i giovani che passano attraverso la stanza c'è chi
rivendica i propri successi nei combattimenti con l'esercito turco, mentre
molti sono i nomi dei loro coetanei caduti di cui tengono le foto appese ai
muri o nei portafogli, a fianco di quelle del comandante prigioniero, Abdullah Öcalan, o dei primi
“martiri” del partito (così i caduti vengono chiamati in medio oriente, senza
necessario riguardo per la religione).
Le zone controllate dal Pkk sono separate da quelle del Pdk,
il partito curdo di destra guidato
da Massud Barzani, da
lunghe barricate realizzate con detriti, automobili, grosse lamiere. Sugli
edifici sventolano le bandiere rosse e gialle del Pkk
e delle Hpg, altre con il volto di Öcalan. Poco lontano, nel quartiere delle Ybs,
sventola la bandiera delle unità ezide. Tra le
strade distrutte spuntano gli ingressi dei tunnel costruiti dai miliziani dell'Is per muoversi nella città e salvarsi dai bombardamenti
quando, fino allo scorso autunno, abitavano questi edifici. Nelle stanze
giacciono ancora i loro materassi, i loro letti, le
loro bustine di neskafé usate e le loro stoviglie,
ormai arrugginite. Hanno anche dovuto lasciare delle armi, durante la ritirata.
Visto il potenziale considerevole dell'equipaggiamento militare dello stato
islamico (che è derivato in parte dagli appoggi forniti da Turchia, Stati Uniti
e paesi del Golfo alle “opposizioni” siriane, di cui l'Is
era parte, in parte dalla conquista di Mosul in Iraq),
la sottrazione di parte di esso da parte del Pkk preoccupa il suo naturale nemico, la Turchia. C'è chi
sostiene, non a caso, che la presenza fluttuante e vagamente misteriosa di un
migliaio (si dice) di soldati turchi nel nord dell'Iraq, formalmente per
“addestrare” i peshmerga del Pdk,
serva in realtà a scongiurare la possibilità che il Pkk
sposti le armi sequestrate all'Is da Singal verso il suo quartier
generale sui monti Qandil, al confine con l'Iran,
utilizzando le strade tra Mosul e Zakho,
dove non a caso i soldati turchi sono posizionati.
Di tanto in tanto, incrociamo peshmerga a piedi che si aggirano a gruppetti di due o tre.
Fingono di fare semplici passeggiate, ma la loro presenza nel settore del Pkk è una provocazione: con queste incursioni, vogliono
dimostrare che il settore del Pkk non esiste e che il
loro partito ha il controllo completo della città. I peshmerga
possono contare dell'appoggio politico degli Stati Uniti, che non hanno alcun
interesse a permettere un radicamento ulteriore del Pkk in Iraq (già presente sui monti delle province di Duhok e Suleimaniya, oltre che
nella provincia di Niniveh a Singal
e Makhmur, e infine nell'importante città petrolifera
di Kirkuk, a nord di Baghdad, dove si coordina con l'Upk di Jalal Talabani,
partito curdo-iracheno antagonista del Pdk). Gli Stati Uniti furono registi della dilatazione
temporale dell'avanzata del Pkk e delle Ybs a Singal contro l'Is (i peshmerga bloccarono questa avanzata a ottobre), per permettere che, una volta
superata la delicata boa delle elezioni turche (2 novembre), fossero anche i peshmerga a occupare Singal,
grazie al loro supporto aereo e ai loro bombardamenti.
Nuovi veicoli giungono a
prenderci per ulteriori spostamenti. A un'ora di auto dalla città, procedendo sulle mulattiere
della montagna a nord, giungiamo, accompagnati dalle Ybs,
in un loro presidio militare: i distaccamenti di uomini e donne, come sempre
nella guerriglia curda, sono separati e indipendenti.
I combattenti ezidi (parte dell'antichissima comunità
religiosa sincretica che popola Singal)
sono qui mescolati a compagni turchi, curdi, arabi, turcomanni. Lungo i monti dell'Iraq e della Turchia
sud-orientale, fino alla catena montuosa Zagros in
Iran, i rilievi della Mesopotamia sono attraversati
da questo incredibile esercito libero, multilingue e socialista, dove l'idea di solidarietà
internazionale si trasfigura, in latitudini dove le nazioni furono create
dall'Europa, nella convivenza di religioni e lingue, storie e antichissime
culture cui i confini disegnati dall'Europa imposero e impongono un'artificiale
disciplina, ostile alla contaminazione e al viaggio, e il potere degli uni
sulla vita degli altri.
I curdi,
per eccellenza vittima sacrificale della configurazione di quei confini, si
sono fatti polo attrattore per tutti coloro che non
intendono rifiutarli in nome dell'islam, ma della “democrazia” (che per ora qui
significa: potere popolare). Hanno come preso su di sé, in qualche modo, il
compito storico di negare i confini invisibili che attraversano le loro
montagne e attraversarli contro i divieti di tutti i governi, rendendo
possibile ai rivoluzionari d'oriente di entrare in formazioni autonome, in cui
la vita e la politica sono radicalmente opposte a
quelle organizzate dai diversi regimi. Non a caso, tutti
gli stati della regione hanno maturato accordi, per tutto il Novecento e negli
ultimi quindici anni, che permettono continui sconfinamenti militari degli uni
sul territorio degli altri, tollerabili nella misura in cui sono volti a
combattere il comune nemico: il Pkk, o “terrorismo”.
La Turchia bombarda continuamente le postazioni del Pkk
in Iraq, l'Iran lo ha fatto a più riprese; e il Pdk,
in passato (fino agli anni Ottanta) vittima delle stesse persecuzioni,
collabora talvolta, dagli anni Novanta alla repressione (soprattutto turca) del
partito dei lavoratori.
Ciononostante, l'umore nelle file
delle Ybs è a dir poco eccellente. Il comandante, un
uomo con gli occhiali e la kefiah sul capo, non smette
di scherzare sulle diverse origini nazionali dei suoi compagni: come sempre –
ma in una forma mai offensiva – a farne le spese maggiori sono i militanti
arabi, bersagli dei più frequenti scherzi (ridere bonariamente dei compagni
arabi, provenienti da una popolazione “cattiva” e numerosa, tradizionalmente
coinvolta in fenomeni di oppressione verso minoranze mediorientali, sembra
avere nelle file della guerriglia una funzione politica importante: da un lato
di ammonizione permanente, sebbene nascosta, della cultura nazionalista araba e
dei suoi lati più oscuri; dall'altro di sfogo catartico, nello scherzo, della
tensione che opprime la psicologia degli arabi, come dei loro vicini, in questi
anni pesanti).
Della brigata fa parte anche Serhildan, giovane azero: la sua
popolazione è turcofona, ma vive fuori
dai confini della Turchia, nell'Azerbaigian, tra la Georgia e l'Armenia,
a nord dell'Iran. “Il mio paese faceva parte dell'Urss,
ma se ne è staccato dopo gli eventi del 1991. Io sono
sempre stato socialista, ho sempre letto e apprezzato Marx e Lenin, ma quando
ho letto Öcalan, per me è stata
un'illuminazione: otto mesi fa mi sono unito al Pkk,
poi sono stato inquadrato nelle Ybs”. La pluralità
culturale delle unità di guerriglia, dove accanto ai militanti curdi (del Pkk) e ezidi (nelle Ybs)
combattono giovani di tutte le provenienze, è uno degli antidoti che il
movimento armato usa contro il nazionalismo particolaristico o la degenerazione
identitaria, che potrebbero altrimenti dilagare sotto
la pressione delle situazioni di guerra. Serhildan dice di aver trovato, nel pensiero del comandante curdo, una critica del sistema sovietico priva di
cedimenti alle ideologia capitaliste, oltre che un programma credibile per una
nuova formula di convivenza in medio oriente. Saluta dicendo
che, quando ci sarà il comunismo e potrà uscire dalla clandestinità, aggiungerà
i compagni di Infoaut e Radio Onda d'Urto su facebook.
Mahmud, cecchino momentaneamente prestato al ruolo di autista,
ci carica su un altro mezzo e ci conduce ancora oltre, ormai nel cuore della
notte, in aree montuose di cui ci sfugge completamente la collocazione e la
geografia. Non tiene a far mistero delle sue doti di soldato. Originario del Bakur, ha partecipato alla resistenza del quartiere Sur, a Diyarbakir, in Turchia, nelle file delle Yps (unità di protezione civile) e alla conquista di Singal, dove dice di aver ucciso dieci miliziani dello
stato islamico, nelle file delle Ybs. La sua visione
politica è quella del militante tutto d'un pezzo,
abituato alla pratica della guerra e alla purezza della vita semplice della
guerriglia: da una parte ci sono Turchia, il Pdk e Daesh; dall'altra Pkk, Ybs e Ypg. Fine della storia. Non
esita ad affermare che, in generale, tende a fidarsi solo dei curdi, e neanche di tutti. Per lui i peshmerga
sono un tutt'uno con l'Is,
li accusa di avere venduto Singal e di essere amici di Erdoðan (“il nuovo Hitler”); ne parla con totale
disprezzo. Ne ha anche per i suoi compagni ezidi: “Quella gente mi sembra un po' tonta a volte: ancora
con queste favole sull'esistenza di Dio, ancora con questa barbarie delle
differenze tra l'uomo e la donna...”.
Ferma il mezzo all'improvviso,
nel buio più fitto, e ci mostra una distesa luminosa poco distante. “Foto”
continua a dire; ci fa scendere e la raggiungiamo a piedi: si rivela essere un
cimitero e mausoleo per tutti i caduti della guerriglia, uno dei luoghi più
importanti di tutto il Kurdistan. Ragazzi delle Ybs e
del Pkk spuntano come fantasmi dalla notte, ansiosi
di accompagnarci lungo le scalinate illuminate da alti lampioni, ai cui lati
giacciono le tombe dei martiri delle diverse organizzazioni: Hpg e Yja-Star (Bakur e Basur), Ybs-Ybj (Ezidistan), Ypg-Ypj (Rojava). I graffiti
delle bandiere di ciascuno di questi movimenti di liberazione sono dipinti su pavimentazioni
di pietra, che declinano verso il basso seguendo
l'andamento piramidale della grande costruzione, decorata da sculture,
iscrizioni, simbologie. Al vertice un enorme schermo luminoso si staglia nel
buio della montagna, mostrando il volto di Öcalan, sorridente, e quelli di decine di caduti della
guerriglia dai suoi inizi ad oggi. Quando ci svegliamo
in un altro luogo, il mattino dopo, l'atmosfera luminosa all'orizzonte, attorno
ai giovani ezidi che scaldano le uova e prendono il
tè, circondati da distese erbose su cui si aggirano galline e pascolano le
caprette, fa contrasto con la memoria recente di quel luogo misterioso, dove
l'onore è tributato, tra le montagne, ai combattenti di queste organizzazioni
controverse o illegali, perseguitate o represse, ancora inafferrabili, per ora
vincenti.
Corrispondenza per Radio Onda
d'Urto e Infoaut da Singal,
Iraq
Postato 16th April 2016 da Davide Grasso