01 -05- 2016

Ankara continua a bombardare le postazioni kurde, mentre l’Arabia Saudita parla di invasione via terra. Aiuti umanitari verso le zone assediate

della redazione

Roma, 01 marzo 2016, Nena News – Una tregua strana, quella siriana. Il numero di scontri a terra e raid aerei si è significativamente ridotto, nonostante alcune violazioni, e Usa e Russia proseguono nel monitoraggio della cessazione delle ostilità. Ma c’è ancora chi soffia sul fuoco: Arabia Saudita e Turchia.

Ankara non ha mai interrotto gli attacchi dell’artiglieria contro le postazioni kurde a nord della Siria. Secondo l’agenzia russa Tass, negli ultimi due giorni i raid turchi hanno ucciso almeno 10 civili. Nello stesso periodo Mosca denunciava anche l’ingresso in Siria, dalla frontiera turca, di un altro centinaio di miliziani armati, apparentemente diretti verso Raqqa, la “capitale” del sedicente califfato. La Turchia si nasconde dietro un dito, quello della lotta all’Isis affermando di aver iniziato a colpire lo Stato Islamico in collaborazione con l’esercito statunitense.

A premere sull’acceleratore di un intervento via terra è, ancora una volta, Riyadh. La petromonarchia è consapevole di non avere un ampio sostegno e probabilmente non è neppure intenzionata ad inviare le sue truppe, visti gli alti costi che sta sostenendo in Yemen e il crollo del prezzo del petrolio. Ma la destabilizzazione, anche solo diplomatica, serve ai piani sauditi: con le opposizioni guidate dai Saud che hanno alla fine accettato la cessazione delle ostilità, ora l’obiettivo saudita è segnare più punti possibile prima del negoziato.

Ieri il generale Asseri – che è anche a capo della coalizione anti-Houthi in Yemen – ha detto che nelle settimane scorse Riyadh ha discusso con gli Stati Uniti di una possibile incursione terrestre in chiave anti-Isis: “Ne abbiamo discusso a Bruxelles due settimane fa, a livello politico, non militare. Una volta che sarà organizzata e si deciderà quante truppe saranno inviate, dove e come, prenderemo parte alla missione”.

Washington reagisce con cautela: secondo il portavoce del Dipartimento di Stato Kirby, l’amministrazione Obama ha discusso con i sauditi “della potenziale introduzione di qualche elemento di terra in Siria”, possibilità che gli Usa accoglierebbero come contributo contro l’Isis. Ma frena (“Ci sono molti elementi da discutere”) perché sa che dall’altra parte del tavolo c’è la Russia che difficilmente accetterebbe un intervento via terra di forze anti-Assad.

In particolare in questo momento: la tregua sta più o meno reggendo, l’Onu ha riaperto il tavolo del negoziato (a Ginevra si dovrebbe tornare il 7 marzo) e Usa e Russia stanno collaborando nelle operazioni militari contro lo Stato Islamico. Entrambi a capo dell’International Syria Support Group, sono consapevoli della necessità di stabilizzare il paese, uscire dalla guerra civile e frenare l’avanzata islamista. Le agende delle due superpotenze, in Siria, oggi sembrano meno distanti di quanto si possa immaginare.

Aiuti umanitari in arrivo

La tenuta della tregua ha permesso all’Onu di proseguire con le operazioni di consegna degli aiuti umanitari nelle zone assediate. Ad oggi sono stati forniti cibo e medicinali a circa 116mila persone. L’obiettivo di questa settimana – dice il segretario di Stato Usa Kerry – è raggiungere 150mila persone e un milione e 700mila civili entro la fine di marzo.

La situazione della popolazione è terribile: sono quasi 50 le comunità sotto assedio da parte di governo, opposizioni o Stato Islamico (secondo i dati di Siege Watch), private di accesso costante ad acqua potabile e cibo a sufficienza. “Denutrizione deliberata”, l’ha definita ieri l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Zeid Ra’ad al-Hussein, che riguarderebbe 450mila persone (oltre un milione secondo Siege Watch). Nena News