https://quieteotempesta.blogspot.com/
==--==--==--==--==--==--==--==--==--==--
Combattenti
assiri in Rojava. Guerra e
contraddizioni dei cristiani in Siria
Quando la nostra auto fa ingresso nel quartiere
cristiano di Hasakah, sud-est del Rojava,
un uomo anziano in pantaloni, camicia e giacca piuttosto vissuta, armato di kalashnikov, alza una sbarra arrugginita. Pochi metri più
avanti, sulla destra, si stagliano le mura alte e lisce e gli archi rampanti di
una piccola chiesa. Di fronte ha sede la milizia Sutoro,
l'ufficio di protezione siriaco che difende queste
strade, dove un signore tracagnotto e un ragazzino stanno facendo il turno di
guardia. Renas, combattente delle Ypg,
fatica a comprendere perché siamo qui. “Non ci sono molti cristiani ad Hasakah: possono abitare due strade nel quartiere di Al-Azyria, cinque in quello di Al-Kelaseh…”.
Il comandante della milizia, nome di battaglia Havga,
ci dà il benvenuto nel suo ufficio. Uomo sulla cinquantina, dai modi semplici e
gentili, ha vissuto dieci anni in Germania e ha combattuto tre mesi contro l'Is a Tel Tamer, Neshua e Hasakah. “È ormai un
anno e mezzo che abbiamo fondato questa milizia con compiti di polizia.
Collaboriamo con forze curde e arabe della città, e
abbiamo ottime relazioni con gli Asaysh [polizia
rivoluzionaria del Rojava, Ndr]”.
Si definisce “arameo-siriaco”: le origini
storiche di queste persone sono chiare ed oscure a un tempo, oggetto di
infinito dibattito tra una miriade di associazioni, sparse per il medio oriente
e per il mondo, e gli accademici del settore. È noto che gli assiri popolarono anticamente la Mesopotamia
centrale, mentre gli aramei – provenienti da quella
meridionale – invasero a loro tempo il Levante antico, ovvero la regione oggi
occupata da Siria, Libano, Giordania e Palestina. Quando però, nel I millennio ac, l'impero neo-assiro sottomise
gli aramei, ne adottò la lingua. Questo fatto, unito
alla miriade di scismi teologici che hanno interessato assiri
e aramei una volta convertiti al cristianesimo (e c'è
chi sostiene che tali scismi abbiano influito anche sull'aspetto linguistico)
ha prodotto una situazione in cui esistono molte varianti linguistiche e
dialettali mescolate, in cui è difficile stabilire il rapporto tra identità aramee o assire dettate
dall'affiliazione sociale e da percezioni soggettive, da un lato, e differenze
morfologiche nella lingua, dall'altro.
Nella maggior parte dei casi, la parlata popolare sovrappone
indistintamente aramei e assiri,
distinguendoli semmai su base religiosa (appartenenti alla chiesa assira, caldea, siriaca occidentale o orientale, ortodossa, ecc.). Il modo
più comune di definire queste persone nelle lingue anglosassoni e romanze,
tuttavia, è “siriaci”: il termine “Siria”, infatti, è
una traslitterazione indoeuropea dell'antico “Assiria”.
Una volta nato lo stato siriano, dopo la prima guerra mondiale, il termine
arabo suri (it.
“siriani”) ha iniziato a connotare l'intera popolazione intesa come
“cittadinanza” in senso europeo, mentre gli assiri e
gli aramei hanno continuato a chiamarsi, nella loro
lingua, syriani (it.
“siriaci”). “I siriaci si considerano la più
autentica popolazione mesopotamica” spiega Havga, ripetendo ciò che già ci avevano detto gli assiri iracheni oggi confinati dalle persecuzioni dell'Is nel sobborgo di Ainkawa,
presso Erbil.
Non è forse un caso che, quando gli chiediamo cosa pensa della proposta
federale per il paese, avanzata dal congresso siriano democratico (espressione
politica delle Sdf), dice di non essere così sicuro:
“Potrebbe anche andare bene, ma ci vuole tempo. La maggior parte dei siriaci è comunque contraria, perché pensa che si
rischierebbe una divisione del paese”. Non è tutto. I rapporti tra la
popolazione curda e quella aramea
e assira sono stati, storicamente, pessimi. Pochi
ricordano il genocidio armeno (altra popolazione cristiana) del 1915, e
pochissimi sanno che anche assiri e aramei furono sterminati in quel frangente dalla Turchia,
utilizzando in molti casi mercenari curdi. Il
movimento di liberazione curdo contemporaneo ha
pubblicamente affrontato questa eredità tragica, ammettendo le responsabilità curde; non soltanto, ma la visione politica del Pyd in Siria e del Pkk in Iraq
prevede un progetto confederale dove non soltanto i curdi,
ma tutte le popolazioni e lingue del mosaico mediorientale possano usufruire
dell'autogoverno – non importa quali siano, e quanto siano numerose.
Havga è un miliziano,
non un politico – tiene a precisare – ma ha sentito parlare del pensiero di Abdullah Ocalan: “Non ho letto i
suoi libri, ma da quello che so è un grande uomo, è come Che Guevara. La sua idea di convivenza tra diverse culture e
religioni è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno in Siria, ed anzi è ciò di
cui ha bisogno il mondo”. Se non tutti i cristiani siriaci
la vedono come lui, è anche perché il rapporto tra comunità cristiane e stato
siriano è stato piuttosto stretto negli ultimi decenni. Da quando, nel partito Baath (tardi anni Sessanta), ha assunto rilevanza la
fazione musulmana alewita, variante eccentrica dello sciismo, minoritaria in Siria rispetto alla fede sunnita, i regimi d'impronta alewita
di Afez al-Assad e del
figlio, Bashar al-Assad,
hanno assicurato posti di rilievo, nelle istituzioni del paese, alle minoranze
religiose (ma non alla minoranza linguistica curda)
per bilanciare il potere sociale maggioritario della sunna
islamica. A trarne benefici sono state in primo luogo la comunità drusa e
quella cristiana, con buone conseguenze politiche per le chiese ortodossa e
cattolica, che non a caso difficilmente sentirete criticare il regime siriano.
In questa ingarbugliata storia, emerge come la milizia che controlla i
quartieri siriaci di Hasakah
nell'ambito delle Sdf non sia semplicemente
cristiana, ma rappresenti una tendenza politica specifica tra la popolazione siriaca. “Siamo il braccio armato del partito di unione siriaca (Sup) – spiega Havga – che è sempre stato all'opposizione rispetto al
regime”. Il partito faceva parte, prima della guerra civile, delle opposizioni
formalmente riconosciute, più o meno tollerate dal partito Baath:
“Chiedevamo una nuova costituzione e maggiori diritti, in primo luogo sul piano
linguistico”. Nel 2012, tuttavia, quando le Ypg hanno
sconfitto il regime a Qamishlo e Hasakah,
destituendolo di ogni sovranità reale, il Sup ha
aderito alla proposta del Pyd curdo
di costituire il coordinamento provvisorio cantonale, di fatto autonomo dal
governo (quello che esiste ancora oggi), ispirato al principio confederale.
Questa scelta ha condotto gli assiri del Sup a rompere definitivamente con il regime. Nella
provincia di Hasakah (una delle più importanti per i
cristiani in Siria) questa scelta ha funzionato, ma nella città di Qamishlo è andata diversamente.
All'inizio del 2013 le milizie del Sup hanno
assunto la protezione, ove possibile, dei villaggi e dei quartieri abitati
dalle comunità cristiane, e negli stessi giorni si formava un corpo
propriamente militare siriaco, il consiglio militare siriaco (Smc) che iniziò a
operare sul terreno di guerra in accordo con le Ypg.
Negli stessi mesi, però, la milizia Sutoro di Qamishlo entrava a far parte del “comitato per la pace”
proposto da diverse organizzazioni cristiane della città, e di fatto creato dal
regime per controllarle. Entro breve la scissione dal Sup
della fazione qamishliana di Sutoro
divenne esplicita e la milizia cambiò il suo nome in Sootoro,
costituendo di fatto la longa manus del governo di Assad a Qamishlo, con tanto di provocazioni continue verso le forze
confederali. Il legame tra la milizia scissionista e il regime risultò evidente
anche dall'arresto dei leader del Sup a Qamishlo Rubel Banho e Sait Cosar da parte della
polizia di Assad in quei mesi; di Cosar, in
particolare, vicepresidente del partito, si è persa ogni traccia da quando la
polizia lo ha condotto nel carcere di Damasco nell'agosto 2013. Un certificato
di morte “per infarto” è stato prodotto dal regime, ma nessuno ha mai potuto
constatare di persona il decesso o vedere il corpo.
Quando, lo scorso 31 dicembre, un attentatore suicida dell'Is si è fatto esplodere durante le celebrazioni del
capodanno cristiano in città, Sootoro ha lanciato
accuse agli Asaysh che vanno dalla mancata protezione
del quartiere – che pure è nelle loro mani – a quella, tanto infamante quanto
ridicola, di complicità; ne è seguito un tentativo di Sootoro,
verosimilmante su suggerimento del regime, di
installare nuovi check-point nelle zone controllate
dagli Asaysh: mossa che non ha sortito alcun effetto,
ma ha lasciato un morto per parte sul terreno. L'arcivescovo di Hasakah, Jacques Bahnan Hindo, ha colto al volo
l'occasione per soffiare sul fuoco parlando di “attacco curdo
alla comunità cristiana”: dimostrazione che sono in primo luogo le autorità
ecclesiastiche a boicottare il coinvolgimento degli assiri
e degli aramei nella rivoluzione, promuovendo un
riavvicinamento tra le comunità cristiane e il governo.
Nella battaglia tra curdi e regime del 20-23
aprile scorso in città, Sootoro ha nuovamente
combattuto contro Ypg e Asaysh,
secondo alcuni anche facendo fuoco su civili curdi
dai tetti delle case. Il consiglio militare siriaco
legato al Sup, invece, è parte fin dal 2014 delle Ypg ed ha anche partecipato all'operazione dell'agosto di quell'anno, in territorio iracheno, per salvare migliaia di
ezidi che scappavano dalla città di Singal, brutalizzata dall'Is. La
collaborazione militare tra questa forza e le Ypg ha
resistito anche a un brutto episodio, avvenuto un anno fa nella provincia di Hasakah, in cui due uomini delle Ypg
hanno assassinato, agendo a titolo personale, un comandante siriaco
di altra tendenza politica rispetto al Sup, Dawoud Gindo. Il caso si è chiuso
con la condanna dei due a vent'anni di carcere da
parte del tribunale popolare di Qamishlo.
Havga, in ogni caso,
è consapevole di chi siano i nemici della comunità cristiana in Siria: non
certo le Ypg e gli Asaysh,
e “non i musulmani, con cui i problemi prima della guerra civile erano ridotti,
ma le organizzazioni fanatiche come Al-Nusra e Daesh”. Il cammino della pace nel paese, secondo lui, è
reso complicato dalle politiche delle potenze regionali: “L'Arabia Saudita e la
Turchia hanno portato solo merda in questo paese:
interessi, capitalismo, armi per i fondamentalisti e
lasciapassare per Daesh dal confine turco”. Vede
positivamente il ruolo degli Stati Uniti e soprattutto della Russia, “che ha
buoni rapporti con lo stato siriano da cinquant'anni”,
e crede che possano contribuire a mettere fine alla guerra, a patto che non
usino questa situazione per perseguire i propri interessi; “ma questa è
'politica' – dice – e io non ne capisco molto”. Gli chiediamo cosa vuole dire
all'Europa, nel momento in cui tanti profughi siriani, anche assiri e aramei, sono bloccati a Idomeni: “Aiutate le persone a comprendere le vere ragioni
della migrazione” ci esorta. “La maggior parte della mia comunità ha già
lasciato il paese, sono in Libano o in Turchia, ma soprattutto in Europa. Se
solo si mettessero in piedi dei buoni progetti qui, questo flusso si
arresterebbe. Se avessi la pace e un buon lavoro qui, perché mai dovrei
scegliere di lasciare la mia terra?”.
Corrispondenza per Radio Onda d'Urto e Infoaut da
Hasakah, Rojava
Postato 19th May 2016 da Davide Grasso