28 Maggio 2016
·
Rojava: come si crea un processo rivoluzionario
Quando la guerriglia curda
cacciò esercito e polizia siriani dal Rojava (19 luglio 2012), il vuoto militare fu riempito dalle unità di
protezione popolare (Ypg), che non potevano
risolvere, tuttavia, il problema della creazione dell'organizzazione della vita
sociale e dell'economia. Il Pyd si fece promotore di
un'intesa tra diverse forze politiche, sociali e religiose della Siria
settentrionale, che si riconoscessero nella
possibilità di una gestione autonoma della regione e nel principio
dell'autogoverno popolare (principio nelle corde, peraltro, della cultura
mediorientale). L'intesa fu propizionata da una
complessa opera del Tev Dem,
il “movimento per la società democratica” che il Pyd
aveva fondato anni prima, all'indomani della repressione della rivolta curda del 2004, assieme ad altri
partiti di sinistra del Rojava (tra cui, per citarne
alcuni, il partito comunista e il partito progressista democratico). Il Tev Dem assunse quindi, nel
Saliha cura i rapporti, ad Amuda,
tra il movimento e le istituzioni cantonali da esso
create. “Il Pyd ha svolto un ruolo iniziale
inestimabile – spiega – perché ha sostituito la condizione che esisteva sotto
il regime, in cui i partiti curdi erano banditi, con
un florilegio d'iniziative e una collaborazione plurale” spiega; tuttavia “il Tev Dem è molto migliorato
rispetto all'inizio, molta gente nuova è entrata a parteciparvi, e il Pyd non ha la stessa centralità che aveva in principio”. Jiwan e Shiar, del
Media Center di Amuda, spiegano che obiettivo
finale del Pyd è estinguersi nel movimento, così come
quello del movimento è estinguersi nella società; il suo ruolo è riprodurre un
modo di fare le cose, più che accapigliarsi con la gente per l'importanza del
proprio nome o attaccarsi in modo feticistico ai
colori della sua bandiera. Naturalmente il Tev Dem non rappresenta la totalità della politica in Rojava: dodici partiti curdi
della regione, tra cui il Pdk siriano, satellite del Pdk al potere nel Kurdistan iracheno, si riuniscono nel
consiglio nazionale curdo in Siria (Enks), che si oppone duramente a tutte le attività del Tev Dem e a tutte le realtà
istituzionali, sociali ed economiche da esso create.
La partecipazione
è stata, dall'inizio del processo rivoluzionario, di quasi tre quarti della popolazione,
racconta Saliha, ed ha oggi superato anche questa
percentuale (non si può escludere, però, che queste cifre siano enfatizzate da
una necessità di propaganda). “La rimanente minoranza – afferma – non ha una
mentalità rivoluzionaria, altrimenti accetterebbe a sua volta di essere
coinvolta”. L'obiettivo del Tev Dem,
spiega, “è far sì che la gente amministri sé stessa”
(la stessa funzione, si noti, che sembra aver svolto il Pyd
nei confronti del Tev Dem);
“nostro compito è organizzare la società e fare in modo che tutti possano
prendere parte a questa organizzazione”, aggiunge Feirusha
Ramzan, co-presidente del
consiglio cittadino di Qamishlo. Il Tev Dem “si occupa del popolo,
organizza la gente e la invita a partecipare alla creazione del nuovo Rojava” precisa Saliha. Del resto
le istituzioni stesse dell'autonomia democratica sono sua
opera: “Siamo nati prima dell'autogoverno, reso poi possibile dalla creazione
dei consigli cantonali che abbiamo creato, e adesso, passo passo,
il sistema del Tev Dem sta
cambiando”.
Il co-presidente del consiglio legislativo del cantone di Cizire è Heken
Khelo, ingegnere edile che si è unito al Tev Dem, a suo tempo, attraverso
l'organizzazione dei martiri. “Come consiglio legislativo siamo
nati il 6 gennaio 2014 e abbiamo dichiarato l'autogoverno il 21 gennaio
di quell'anno” racconta [Nel marzo 2016 è stata
poi dichiarata l'autonomia confederale, Ndr]. I
consigli cantonali (esecutivo e legislativo) sono il corrispettivo di un
governo e un parlamento, sebbene non siano eletti (la guerra in corso rende
elezioni regolari impossibili), né – punto essenziale – quelle
cantonali sono le istituzioni più importanti del Rojava,
a differenza di quello che avverrebbe in una organizzazione statale. Il
consiglio è composto di 55 organizzazioni rappresentate rispettivamente da due co-presidenti ciascuna
(donna e uomo). “Abbiamo approvato una cinquantina di leggi finora, tra cui il
contratto sociale del Rojava [Noto impropriamente
come “Costituzione del Rojava”, Ndr], i diritti delle donne, l'istituzione di un esercito
regolare” in aggiunta alle forze volontarie Ypg-Ypj,
che sta procedendo alla coscrizione nelle famiglie proprio in queste settimane.
Possibile, chiediamo, mantenere l'idea di eliminare lo stato costituendo
consigli legislativi? “Proviamo a non essere una forma di dominio: è una
questione di mentalità anzitutto”.
È interessante
come Heken dica che
l'intenzione di non costituire uno stato rispecchi la volontà di “evitare
problemi con la gente”; ma al di là di questo ricco passaggio retorico, la sua
visione ricalca ampiamente quella di Ocalan (benchè tenga a precisare che il consiglio non è legato a
nessuna ideologia): secondo questa visione, spericolata ma tutt'altro
che inaccurata, lo stato è una forma mentis
molto più che un'entità separata e vivente vita propria, come è possibile
realizzare rammentando che i “suoi” simboli, i “suoi” edifici o le “sue”
scritture sono pur sempre opera umana, soggettiva sul piano della produzione. “Quando parliamo di stato dobbiamo ricordare che esiste da
5-6.000 anni, cosicchè non possiamo eliminare una
simile idea dalla mente umana in un giorno”. Per Saliha,
che a sua volta rivendica l'indipendenza del Tev Dem dal pensiero di Ocalan (ma ne valuta positivamente la filosofia), la
rivoluzione “sta rompendo il sistema statale perché il comando arriva dal basso
verso l'alto, e non viceversa”. Heken afferma che i
suggerimenti per nuove leggi arrivano al consiglio legislativo dalle comuni, che esistono discussioni e modifiche nelle
assemblee cittadine e nelle diverse commissioni del consiglio (relate alle ramificazioni di quello esecutivo sul modello
dei governi statali) e che quindi “le leggi non sono prodotto né soltanto dal
consiglio, né soltanto delle comuni o delle città: è una collaborazione aperta
tra tutti i livelli”.
Una differenza
essenziale con gli stati è tuttavia, come accennavamo, che nel “sistema
dell'autonomia” i consigli esecutivo e legislativo non sono prioritari, ed anzi
dovrebbero gradualmente ridurre il loro ruolo, fino tendenzialmente ad
estinguersi in ottemperanza al principio per cui,
spiega Saliha, “se la gente ha un problema non deve
aspettare qualcuno dall'alto per risolverlo, ma darsi da fare in prima persona
per trovare soluzioni”. Non a caso, racconta, appena ottenuta la dichiarazione di autogoverno resa possibile dal lavoro che ha portato alla
creazione dei consigli cantonali, il Tev Dem ha potuto lasciare ad essi la gestione dell'intesa
politica tra le diverse componenti religiose e linguistiche della regione, per
dedicarsi finalmente alla trasformazione sociale vera e propria, a partire dai
consigli cittadini, “per instillare nelle persone l'idea di divenire padrone di
sé stesse”. I militanti del Tev Dem
ammettono che la rivoluzione economica è partita in
ritardo, ma una serie di ostacoli storici e sociali hanno ritardato il processo
in corso adesso. “I consigli cittadini furono il primo passo, due anni fa, ma
si rivelarono insufficienti – spiega un compagno europeo – perché troppa gente
vi partecipava, e troppe erano le problematiche di cui venivano
investiti; fu così che si passò alla costruzione immediata delle comuni”.
La creazione delle comuni fa parte del sistema elaborato da Ocalan il quale, anche per assicurarsi che fosse compresa
la loro centralità, ha scritto in una memoria per il Tribunale dell'Aja che, una volta libero, sarà della vita della comune del
suo villaggio natale che si andrà a occupare. A Qamishlo
e dintorni esistono attualmente 115 comuni ed altre
cinque sono sul punto di essere avviate. Esse si occupano tanto di connettere
la popolazione con qualsiasi problematica amministrativa che coinvolga altre
istituzioni, quanto di risolvere i problemi locali (se possibile con risorse locali), di contribuire all'autodifesa popolare e di
proporre iniziative politiche generali. Feirusha dice che in esse si esprime la forza (hez)
della società: “Si tratta di una cosa nuova, e all'inizio la gente non capiva a
cosa servissero. Ora va meglio, si è diffusa molta più consapevolezza e questa è per noi una vittoria molto grande”. La rivoluzione è a
buon punto, dice: “lo dimostra la nascita delle
cooperative: quando la gente ha l'iniziativa di fondare una cooperativa, e
nella sua comune ci sono 200 o 400 persone, è un grande risultato perché si
respinge il pericolo della depressione economica”.
Nelle comuni c'è
un comitato per la salute, che paga le cure a chi sta male se non ha
sufficienti mezzi e, spiega Selman Sheiki, co-presidente del
consiglio cittadino di Amuda,
distribuisce anche le medicine gratuite che arrivano dal consiglio esecutivo.
Ad Amuda ci sono quattro case del popolo ai quattro
punti cardinali della città, e ognuna di esse coordina
tra le quattro e le cinque comuni, per un totale di diciotto. Ciascuna delle comuni esprime due co-presidenti,
e i 36 co-presidenti della città si uniscono a sette
membri fissi, eletti da assemblee popolari, a formare i 43 membri del consiglio
cittadino. Fondamentale è non confondere il consiglio cittadino con la
municipalità, “il” comune, come diremmo in Italia: quest'ultimo
esiste ancora, in attesa che il sistema delle comuni e
dei consigli sia in grado di organizzare l'intera vita associata, e ancora
assume su di sé questioni ordinarie o urgenti come la raccolta dei rifiuti
(peraltro drammamente disattesa in Rojava), e dovrà a sua volta scomparire (almeno secondo i
progetti) quando il sistema comunardo, non-comunale, sarà in grado di
sostituirlo (il “comunalismo” – l'ideologia
statunitense da cui Ocalan trae ispirazione – deriva infatta da “la comune” e non certo dai “comuni”).
È impossibile
comprendere tutto questo se non si tiene conto che, nella visione del Tev Dem, è in atto una lotta tra
popolazione e dominio gerarchico tradizionale, incarnato dai poteri sociali e
territoriali tradizionali (notabilato incancrenito, chiese, partiti, residui di amminsitrazione statuale,
patriarcato tribale, ecc.). Il Tev Dem stesso, fine e ironico regista del processo
rivoluzionario, ha coordinato questi poteri e li ha collocati in istituzioni a immagine e somiglianza di quelle statali (i consigli cantonali
e il loro coordinamernto) per poi dedicarsi a
costruire gli attori della loro potenziale distruzione, secondo una concezione gradualistica memore – tra le altre cose – dei fallimenti
prodotti dall'eccesso di violenza rivoluzionaria di diverse esperienze
comuniste storiche. Le istituzioni municipali o cantonali dovranno quindi sì
essere esautorate gradualmente dall'assunzione di responsabilità sociale della
popolazione, ma il Tev Dem
non attende l'ascesa celestiale di tale elemento,
semmai ne supporta la nascita tanto militarmente quanto nella forma della
presenza organizzativa e della continua offerta di collaborazione. Non a caso
le tizie e i tizi del Tev Dem
sono sempre in giro tremendamente indaffarati, qua e
là per il Rojava a immaginare e costruire progetti
economici, sanitari, finanziari, di autodifesa o di giustizia: sono come
geniali di capitani d'impresa dedicati al progetto dell'eliminazione del
capitalismo.
“Nella comune del
mio quartiere abbiamo cinque commissioni” spiega Selman:
“una per la nostra autoformazione
linguistica e di autogoverno, una per la salute, una di autodifesa, una
economica, una di conciliazione”. I rappresentanti dei cinque comitati svolgono
riunioni con i due co-presidenti di comune ogni
settimana, costituendo l'elemento esecutivo della comune, mentre ogni due
settimane c'è l'assemblea generale, “dove la gente si lamenta con le
commissioni e le commissioni si lamentano con la
gente”, per dirla con le sue parole. La commissione economica, ci racconta,
discute progetti che emergono dalla popolazione (fa l'esempio della costruzione
di una fabbrica in quartiere) e poi va a proporli al consiglio cittadino (quello formato dai co-presidenti
di tutte le altre comuni, e che quindi non c'entra nulla, come detto, con un
“consiglio comunale”), che può approvarli o meno. Il comitato per l'autodifesa
coordina le “forze di difesa sociale” (Hpc), milizie
armate di quartiere o di villaggio che sorvegliano le strade da attachi e attentati (opera preziosissima in una guerra dove
il nemico è politico, e il vicino di casa può essere tranquillamente un
sostenitore dello stato islamico o del regime di Assad) “e proteggono le case e gli esercizi commerciali dai
furti”.
Una delle
commissioni più importanti è quella per la conciliazione: ad essa
si rivolgono tutti coloro che hanno un problema con qualcun altro, ad esempio
proprio nei casi di furto o delle contese di proprietà, o ancora del banale
incidente stradale, affinché la commissione della comune trovi una soluzione
che, nella città di Amuda (ci hanno detto al
tribunale), viene raggiunta al momento circa nei due terzi dei casi, evitando
il ricorso ai giudici e alle sue giurie popolari (il tribunale è un'altra
istituzione di cui il Tev Dem
auspica l'abolizione attraverso l'aumentata capacità sociale dei comitati di
conciliazione delle comuni, secondo un'utopia tanto più rispettabile perché
condotta verso il suo traguardo da una concreta opera rivoluzionaria). Le comuni, aggiunge Feirusha a Qamishlo, si occupano anche di creare piccoli ambulatori e
vaccinare la popolazione infantile: i soldi arrivano spesso, in modo
autosufficiente, dalle quote che le cooperative avviate dal Tev
Dem devolvono per regolamento (20% degli introiti)
alla comune cui appartengono, “ma il sistema delle cooperative non è ancora
abbastanza forte” spiega, e persiste perciò la necessità di “donazioni”. Il sistema di tassazione che esiste nello stato, precisa, “qui in Rojava non c'è: sei tu che lavori nella comune, e lavori
per te stesso”.
A Qamishlo, aggiunge Feirusha, una
parte della popolazione non curda non entra a far
parte del sistema delle comuni (arabi e assiri supportano in gran parte il regime in queste città,
e sono di norma dipendenti pubblici nel poco che resta, a scopo simbolico,
della sua amministrazione); ad Amuda invece,
spiegano, esse sono boicottate dai non pochi sostenitori dell'Enks. Tuttavia “nei villaggi di Tell
Brak e Tel Amis – aggiunge Feirusha – recentemente liberati dallo stato islamico, la
popolazione ha fatto giungere al Tev Dem suoi rappresentanti per chiedere che anche da loro vengano organizzate delle comuni”. Comprendere questi eventi
non è semplice, e al di là di alcune peculiarità della
storia sociale dell'Asia occidentale, dove la gestione localistica
e di prossimità di gran parte del potere è molto radicata, occorre tenere a
mente che l'adesione popolare al modello confederale e comunardo non riposa in
alcun modo, in Rojava, su teorizzazioni
idealistiche: le comuni funzionano e dimostrano di essere un buono strumento
per risolvere i problemi pratici delle persone (probabilmente molto meglio, in
diversi casi, della passata burocrazia statale); e in ogni caso, come fa notare
Selman, “dopo la cacciata del regime la gente
chiedeva luoghi dove si potessero risolvere i problemi, che potessero
sostituire le istituzioni che se ne erano andate”. Non è difficile immaginare
che, anche là dove lo stato islamico viene in questi mesi messo in fuga, la
reazione possa essere la stessa.