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Rifiutano di essere schiave sessuali: 19 yazide bruciate vive dall'Isis

Le ragazze sono state trucidate in piazza a Mosul dentro a una gabbia.

Donna yazida

globalist 7 giugno 2016

Non si può pensare una punizione peggiore. Bruciate vive dentro una gabbia di metallo per essersi rifiutate di concedersi come schiave sessuali ai combattenti dell’Isis.

 

Continua la carneficina dello Stato Islamico, ancora una volta contro gli yazidi. Le 19 ragazze trucidate in pubblica piazza a Mosul, la capitale del Califfato in Iraq, erano infatti della minoranza reliziosa. 

 

Enon è la prima volta. Le donne yazide sono da sempre costrette a sposare jihadisti affiliati al Califfo. I bambini di questa minoranza vengono rapiti per farne dei kamikaze. 
Punite come “politeiste”.  Le giovani erano state rapite nel Mount Sinjar, una zona a maggioranza yazida a Ovest di Mosul, vicino al confine con la Siria. Nell’agosto del 2014 l’area è stata occupata dall’Isis e sottoposta a una spietata pulizia etnica. Gli yazidi, che praticano un culto originale né cristiano né islamico, sono considerati politeisti dagli oltranzisti sunniti e quindi punibili con la morte o la deportazione se non si convertono. La stessa interpretazione salafita del Corano consente di ridurre in schiavitù le donne e di venderle di preferenza ai combattenti la jihad.

Migliaia le prigioniere. Oltre 3500 yazide sono state catturate dall’Isis. Il Mount Sinjar è stato liberato lo scorso autunno da un’offensiva dei curdi sia siriani che iracheni. Migliaia di uomini e donne erano stati liberati ma per quelli condotti a Mosul, o anche in Siria fino a Palmira, il destino era segnato.
Nella pubblica piazza  
L’esecuzione delle 19 giovani, secondo l’agenzia curda Ara (Kurdish News Agency), è avvenuta in piazza davanti a centinaia di persone. Le ragazze, chiuse in gabbie di ferro, sono state date alle fiamme e «nessuno ha potuto fare niente per salvarle», ha detto un testimone all’Ara.  

 Come il pilota giordano. L’esecuzione ricorda quella del pilota giordano Muad Kasasbeah, catturato a Raqqa nel dicembre del 2014 e bruciato vivo nel febbraio del 2015. E’ avvenuta lo scorso fine settimana. Secondo l’Onu sono in totale 3.500 le donne yazide nelle mani del Califfato.