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Il cuore del Rojava: comuni e cooperative

 

 


Se è vero che il Rojava è tutt'ora governato da tre consigli esecutivi (uno per ciascun cantone) e dal consiglio di rappresentanti che permette il loro coordinamento complessivo, noto come “coordinamento (o sistema) dell'autonomia democratica”, e se gran parte delle novità sono frutto del lavoro del consiglio legislativo, organo composto da un rappresentante uomo e un rappresentante donna per una cinquantina di organizzazioni sociali, politiche e religiose che intendono partecipare al processo dell'autonomia della regione, la vera trasformazione sociale – quella propriamente rivoluzionaria – non è portata avanti dagli organi esecutivi o legislativi, ma dal movimento per la società democratica (Tev Dem) e dal movimento delle donne (Kongrea Star). È difficile, per chi vive nelle società liberali di Nord America e Unione Europea, comprendere quanto il potere sia qualcosa di diverso dal governo e, ancor più, di diverso dallo stato; di come il potere altro non sia che il potere di fare qualcosa e intervenire sulla realtà, e come un movimento forte possa essere ben più influente di un consiglio esecutivo – soprattutto se, come in Rojava, il comando delle formazioni armate è nelle mani del primo, e non del secondo.

 

Accade così che il Tev Dem e il Kongrea Star abbiano sparso migliaia di militanti politici in tutte le città e in tutte le campagne del Rojava. Compito: avviare progetti e condividere esperienze, competenze e visioni teoriche con la popolazione, fino a che le forze popolari non siano in grado di autogovernare i loro territori e si siano disabituate ad attendere che un potere esterno (lo stato, lo stesso movimento, o il partito che ne costituisce il nerbo) faccia le cose per (o contro) di loro. Sul piano dell'organizzazione delle relazioni sociali, il tessuto essenziale è quello delle comuni, che non sono un'entità mitica, romantica o immaginaria, ma istituzioni dove gente con due gambe e due braccia si riunisce in media una volta al mese, discutendo eventuali problemi e cercando soluzioni. Ogni comune elegge delle commissioni incaricate di occuparsi di aspetti specifici, come necessità sanitarie, di autodifesa o giudiziarie, e due co-presidenti, come sempre un uomo e una donna. Queste commissioni, assieme ai co-presidenti, si incontrano più frequentemente dell'assemblea generale (sembra che la popolazione del Rojava consideri le assemblee uno strumento necessario, ma sia del tutto immune al loro culto feticistico) e affrontano tutta una serie di incombenze pratiche.

 

Una delle più preziose è la risoluzione delle controversie che nascono nell'unità territoriale di competenza (liti su appezzamenti di terra, confini delle abitazioni, offese reali o presunte, e quant'altro). Per questo esiste un comitato di conciliazione per ogni comune, che riesce – secondo dati forniti dai giudici del tribunale popolare di Amuda – a risolvere i due terzi dei problemi tra persone senza che il tribunale debba essere coinvolto (qualcosa di inimmaginabile per il sistema iper-statalizzato d'Europa). Occorre ricordare che non esistono soltanto comuni fondate su una competenza territoriale, ma anche comuni delle donne, degli studenti e dei lavoratori: ogni individuo può far parte di diverse comuni contemporaneamente per questa ragione, essendo tanto l'abitante di un certo villaggio o di un certo quartiere, quanto lo studente di un'accademia o eventualmente una donna o un lavoratore del comparto agricolo, edilizio, di fabbrica o estrattivo. La comune è, in ultima istanza, l'unità minima popolare di discussione e presa di inziativa e decisione su un ramo della vita sociale: quartiere, economia, genere, educazione, ecc.

 

Il Tev Dem e le migliaia di comuni che, grazie alla sua azione capillare, infaticabile e metodica, si sono create si sono assunti il compito, da circa due anni (quindi con enorme benché comprensibile “ritardo”, come il movimento stesso ammette), di promuovere un'iniziativa economica generale in Rojava che sia al tempo stesso di sviluppo e di trasformazione. Nei tre cantoni esiste già, naturalmente, uno strato economico capitalistico, benché sottosviluppato e basato essenzialmente sulla rivendita e lo scambio di prodotti agricoli, acqua, snack e bibite, altre merci di uso ordinario, che si identifica con la grande serie di piccoli negozietti che costellano le distese di mattoni disadorni e asfalto che interrompono il panorama semi-desertico della regione. A ciò si aggiunge una rete minima di fabbriche private, benché da sempre molti beni che circolavano per il Rojava siano importati, ed oggi lo sono ad alto costo e in limitata quantità sul mercato nero, a causa dell'ermbargo di stato islamico, gruppi legati all'Alto Comitato per i Negoziati di Ginevra (tra Afrin e Aleppo), Turchia e Kurdistan iracheno. Esiste inoltre un livello ancor più profondo rappresentato da una vasta rete comunistica di sussistenza, fondata sul consumo di prodotti agricoli e della pastorizia all'interno dei clan.

 

La rivoluzione ha dovuto procedere, per ragioni politicamente urgenti (militari), con l'immediata espropriazione del demanio statale siriano e la creazione di un capitalismo di stato (dove lo “stato” sarebbe il coordinamento cantonale), ad esempio vendendo beni ottenuti da siti espropriati (in primo luogo pozzi petroliferi, sebbene ne funzioni una piccola parte), alla popolazione interna per usi ordinari. Questa e altre fonti di stabilità finanziaria minima hanno permesso al consiglio esecutivo di armare e organizzare la logistica delle Ypj-Ypg e degli Asaysh, le guardie rivoluzionarie, e costruire la presenza territoriale dei militanti del Tev Dem e del Kongrea Star, oltre che mettere in piedi un sistema scolastico e accademico ancora agli albori, ma che già offre un'occasione inestimabile a una parte della popolazione per accedere a una formazione complessa. Tutto questo, però, non è la trasformazione, nella visione dei quadri rivoluzionari del Rojava, ma il presupposto: la rivoluzione non può essere realmente in marcia finché non sono le componenti popolari ad assumere direttamente l'iniziativa economica.

 

Lo strumento prescelto, a questo scopo, sono le cooperative: ad oggi, nel solo cantone di Cizire, e per il solo comparto agricolo, lavorano 12 cooperative di donne e uomini, più 6 cooperative di sole donne, per un totale di 6.315 soci su un territorio di 328.270 acri. Le cooperative industriali si stanno estendendo nel ramo dei cavi elettrici e dei generatori, dei semini di pistacchio abbrustoliti (che non a caso sono nelle mani di chiunque), delle bottiglie di acqua naturale (in medio oriente l'acqua che scorre dai rubinetti non è potabile, e non a caso la cooperativa conta 992 membri), degli impianti petroliferi (1250 membri), dei distributori di benzina (100 membri) e dell'edilizia (124 membri). Esistono anche due comuni agricole di villaggio, in forma sperimentale, nelle località di Faqira e Jadida, nei pressi di Derbasiye, che riguardano rispettivamente 24 e 17 famiglie. Naturalmente esistono anche altre cooperative, queste sono quelle promosse dal Tev Dem, caratterizzate da certi scopi (“rafforzare il senso di responsabilità sociale e comune per costruire una società politica e creativa”) e da certe caratteristiche, elencate in un indirizzo del comitato economico del Tev Dem approvato il 19 gennaio 2016.

 

Le regole generali previste in questo indirizzo sono le seguenti: è la comune ad approvare o a deprivare un membro dell'appartenenza a una cooperativa, e tutti i membri delle cooperative devono essere membri delle comuni (occorre ricordare, infatti, che l'appartenenza alle comuni è volontaria, e non a caso una fetta della popolazione non vi partecipa, vuoi per inerzia, vuoi per ostilità politica alla rivoluzione). Non più di una persona per famiglia può far parte di una cooperativa e non è possibile cumulare gli incarichi di coordinamento; le decisioni, in ogni cooperativa, sono prese dall'assemblea generale dei membri, che si riunisce ogni 3 mesi ed elegge un'autorità direttiva di almeno tre membri e un'autorità finanziaria di almeno altri tre membri, il cui operato deve essere documentato e reso pubblico, oltre che approvato dall'autorità generale che resta nelle mani dell'assemblea (è possibile creare anche un'autorità di controllo separata da quelle finanziaria e direttiva per monitorarle, a discrezione dell'assemblea). Per impedire la speculazione, ogni membro può acquistare da un minimo di una quota a un massimo di cinque (le quote si aggirano tra le 10.000 e le 50.000 sterline siriane, ossia tra i 20 e i 100 euro ca).

 

Il 50% del profitto è diviso tra soci semplici e soci lavoratori, con una differenza di dividendo che premia questi ultimi (cioè chi lavora e non si limita a versare la quota); il 30% resta al fondo della cooperativa per incrementare il capitale per i progetti futuri; il 20% è depositato nel fondo della comune di riferimento per i bisogni della società. (Queste percentuali, tuttavia, sembrano non essere rigide ed esiste una flessibilità a seconda dei contesti d'iniziativa economica). L'incremento di capitale è regolamentato: 30% il primo anno, 25% il secondo, ecc., fino a un 10% il quinto anno. I membri ricevono un salario mensile cui si aggiungono i dividendi alla fine dell'anno o al termine di un grosso lavoro. La cooperativa viene chiusa dopo il secondo anno di perdite e i membri delle autorità direttive e finanziarie sono esclusi da questi ruoli per un anno; ne sono esclusi per dieci anni in casi particolarmente gravi. Esistono anche limiti di capitale, per evitare che le cooperative accumulino eccessiva potenza economica: 1 mln di sterline siriane per le più grandi, 50.000 per le più piccole, 200.000 per quelle classificate come medie. Il sistema penale delle cooperative deriva dal sistema di giustizia del Tev Dem, che prevede anche la salvaguardia obbligatoria della salute e della sicurezza dei lavoratori, oltre che delle spese mediche per i feriti sul lavoro e il risarcimento economico delle famiglie delle vittime sul lavoro. I membri di una famiglia un cui componente ha abbandonato le Ypg o le Ypj non possono far parte delle cooperative del Tev Dem, secondo il principio di uguaglianza sociale anche rispetto alla necessità comune di far fronte alla guerra.

 

Corrispondenza per Infoaut e Radio Onda d'Urto dal Rojava, Siria

 

Postato 20th June 2016 da Davide Grasso