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Comuni agricole in Rojava. Viaggio
in una cooperativa a Serekaniye
La strada che taglia il Rojava lungo il confine con la Turchia attraversa il
paesaggio spoglio e polveroso di Serekaniye. Qui, a metà strada tra Qamishlo e Kobane, è iniziata la rivoluzione quattro anni fa, quando
un migliaio di miliziani di Jabat Al-Nusra,
che volevano imporre alla città la loro restaurazione coranica, furono umiliati da un centinaio di combattenti curdi poco armati ma perfettamente addestrati, alcuni dei
quali – qualcuno narra – arrivarono ad affrontare i salafiti
da luoghi inospitali su lontane montagne. Fu durante quegli
scontri che la parte della città che rifiutava l'imposizione della legge coranica e del predominio arabo si unì ai combattimenti, ed in quelle settimane, racconta la gente,
furono create le unità di protezione popolare o Ypg
che, già che c'erano, cacciarono anche il regime, che non aveva difeso la
popolazione e l'aveva repressa nel sangue ad ogni tentativo di protesta negli
anni passati, da sempre schiacciando il Rojava sotto
il suo tallone, derubandolo delle ricchezze agricole ed energetiche e
sprofondandolo intenzionalmente nella totale depressione sociale, economica e
culturale. Da allora la rivoluzione del Rojava è
anche una forma di rinascimento del Rojava – benchè dall'aspetto profondamente diverso rispetto ai
rinascimenti che ci raccontano a scuola.
Lungo le strade di Serekaniye i bambini corrono lungo l'asfalto, le signore vestite di
nero in marcia verso i negozi. Ancora oggi le Ypg
mantengono qui una costante ma discreta presenza, perché il conflitto del 2012
non aveva visto la vittoria delle forze rivoluzionarie
con il consenso unanime della popolazione; la convivenza tra arabi e curdi non è sempre stata semplice, e tra la gente si
annidano sacche sociali oscurantiste e reazionarie. Lungo una deviazione che
conduce alla campagna circostante, sulla strada sterrata circondata da radi
filari alberati, un gruppetto di bimbi di ritorno da scuola chiede di salire sul pick-up per non fare tutta la strada a piedi.
Non comprendono le domande in curdo: questa zona di
campagna (Azaziye) è completamente araba; ed è qui
che il Kongrea Star, il
movimento interamente femminile che affianca il Tev Dem (movimento per la società democratica) nella
trasformazione del Rojava, ha creato uno dei progetti
agricoli qualitativamente più importanti per la trasformazione in atto.
“Il regime aveva imposto al Rojava la monocoltura
del frumento, e per questo aveva bandito la semina di alberi
da fusto e la costruzione di serre; ma nell'economia che stiamo sviluppando, la
logica cambierà completamente” spiega Ana, vent'anni appena compiuti, incaricata di spiegarci il
progetto. Gli svariati ettari di terreno agricolo, su cui sono state impiantate
quattro grandi serre, dovranno rappresentare un prototipo per progetti analoghi
che verranno sviluppati a Kobane,
a Derik, a Derbesiye. “Si
tratterà di progetti tra loro connessi, ma al tempo stesso indipendenti e
coordinati da organi autonomi in ciascun caso”. Il valore di questo
esperimento è misurato anzitutto sul suo significato tecnico e ingegneristico, in particolare con riguardo alle serre:
“L'idea è di organizzare una piccola accademia su questi terreni, per
diffondere le competenze che accumuliamo”. Nella cooperativa, il cui nome è Bistane Rojava, si coltivano
quattro appezzamenti da 5 Dunam l'uno a pomodori,
zucchine, melanzane, peperoncino, patate e cipolle. Le comuni
femminili del Kongrea Star hanno avviato il
progetto e ne sono responsabili, e ciascuno dei quattro appezzamenti è lavorato
da 5-10 persone che costituiscono una comune agricola.
Le comuni del Rojava, infatti, non costituiscono soltanto un sistema
territoriale, attraverso le migliaia di comuni di villaggio o di quartiere che
si riuniscono in ciascun cantone, bensì un sistema di entità incrociate e
sovrapposte, dove la stessa persona è parte della sua comune di zona, della sua
comune economica (ad es. agricola), della sua comune di donne, di studenti,
ecc. Più che immaginare il sistema esclusivamente come una piramide capovolta
(il ruolo delle istituzioni cantonali è considerato la base, mentre le comuni
sarebbero il vertice), si tratta di pensare un reticolato di plurima partecipazione
ed esercizio di un potere popolare di fatto, dove l'individuo può conquistare
una varietà di strade per accrescere la sua partecipazione alla vita associata.
Il sistema delle cooperative vuole sviluppare l'economia, ma farlo in modo
nuovo tanto sotto il profilo dei rapporti sociali, quanto sotto quello del rapporto con la natura, sebbene la creazione di queste
relazioni maturi in un mondo dove rapporti (capitalistici) esistono già. Le
cooperative, allo stato attuale, non aboliscono il capitale né il suo ciclo, o
il denaro e i rapporti mercantili, ma si sforzano di attutirne il più possibile
l'impatto sociale, cercando al contempo di creare una diffusione sociale del
potere che possa permettere ulteriori risultati.
Tre persone per ogni comune della Bistane Rojava di recano al bazar di Serekaniye per vendere i prodotti della cooperativa,
tenendo i prezzi il più bassi possibile: “Se il prezzo corrente è 50, noi
vendiamo a
Mentre camminiamo in mezzo ai campi, gruppi di
contadini curdi e arabi pranzano riparandosi dal sole
sotto le fronde degli alberi. “La nostra
filosofia agricola consiste nel coltivare prodotti che crescono naturalmente su
queste terre, in modo da evitare l'uso di fertilizzanti chimici”. Come potete
difendere gli ortaggi, allora, dall'attacco dei parassiti o dall'azione degli
insetti, chiede un compagno? È necessario un surplus di lavoro fisico? “Se strettamente necessario, riduciamo l'uso di fertilizzanti
chimici al minimo, ad esempio, nel caso di parassiti, cerchiamo di intervenire
subito e nel punto giusto, in modo da non lasciar propagare il problema”. Ana è ingenere agricolo, e spiega
che il metodo prescelto è qui integrare le nozioni scientifiche o la ricerca ingengneristica che si impara
nelle università o su internet con le conoscenze locali: “Se qualche persona
del luogo ci fa osservare che la sua esperienza gli ha insegnato delle cose e
ha prodotto dei risultati, seguiamo la sua strada senza necessariamente
sacrificarla alle ricerche ufficiali sull'argomento”. Esiste un interesse alla
tutela della biodoversità, inoltre, perché le
cooperative del movimento “vogliono rompere con la cultura monocolturale
del regime, che sfruttava sempre le stesse risorse presenti nel suolo,
uccidendolo. Noi facciamo le rotazioni e pratichiamo l'alternanza delle
coltivazioni”.
Osservare questo appezzamento, molto vasto ma non
immenso, e le sue serre, e pensare che si tratta di un progetto pilota, fa
comprendere quanto le politiche coloniali dello stato siriano in Kurdistan e la
guerra civile abbiano danneggiato la potenziale qualità di vita di questa
popolazione, della cui povertà una città come Serekaniye
offre uno squarcio impressionante. A rammentare come si è superato quello stato
di cose, uomini armati sorvegliano l'ingresso della cooperativa da una
torretta, accanto alla quale sono disposte pile di sacchi di sabbia, e si
riparano dal sole con grosse kefiah avvolte sulla testa, come ai confini di una
tenuta da film western, ma ritratta in un inaudito
film comunista-mediorientale. Chissà se i primi cento compagni accorsi a Serekaniye per affrontare Al-Qaeda
avevano immaginato che la loro scommessa sarebbe stata un
giorno ripagata da questi risultati; uno dei veterani di quella
battaglia, tra i pochi sopravvissuti ai successivi quattro anni di guerra, lo
incrociamo all'ospedale di Serekaniye, dopo averlo
visto a Shaddadi: è Brusk,
che saluta sorridendo e racconta alle Ypg con cui sta
per partire come è finito nel nostro reportage. Per una
gradevole circostanza, il coraggio suo e dei suoi compagni sembra rispecchiarsi
nella metonimia involontaria creata da Ana, quando le
chiediamo del metodo di Bistane Rojava
per ciò che riguarda le sementi: “Generalmente arrivano dalla Siria, ma in
alcuni casi dal Bakur. Ne seminiamo diversi
tipi e vediamo qual è il migliore, poi lo diffondiamo”.
Corrispondenza per Radio Onda d'Urto e Infoaut da
Serekaniye, Rojava
Postato 27th June 2016 da Davide Grasso