28 -07- 2016
Cinquanta
morti in un doppio attacco dell’Isis contro i kurdi a Qamishli, mentre un dossier
rivela la vera via
di Chiara Cruciati – Il Manifesto
Roma, 28 luglio 2016, Nena News – Qamishli
ci sono da seppellire 50 persone, uccise da un doppio attacco rivendicato dallo
Stato Islamico. Nei video amatoriali la città – considerata capitale
de facto di Rojava, il Kurdistan siriano che ha tentato la via dell’autonomia –
mostra ferite molto più vecchie: il camion imbottito di esplosivo,
saltato in aria di fronte ad un centro di reclutamento delle unità di difesa
Ypg, ha devastato la devastazione. Intorno gli scheletri delle case
sono il segno di anni di conflitto.
La seconda bomba è esplosa poco dopo, quando
si vedeva ancora il fumo sollevarsi dal primo cratere. Stavolta il cavallo di
Troia è una moto. Il bilancio finale è di 50 morti e 171 feriti.
La Siria è un campo di battaglia “fiorito” su
un flusso di equipaggiamento militare quasi impossibile da tracciare. Quasi
impossibile: ieri Birn (Balkan Investigative Reporting Network) e Occrp
(Organized Crime and Corruption Reporting Project) hanno pubblicato un rapporto
estremamente dettagliato, frutto di un anno di indagini con cui svelano una
delle principali rotte di armi verso il Medio Oriente.
Una rete che coinvolge paesi Nato dell’Est
Europa, petromonarchie del Golfo, Stati Uniti, Turchia e Giordania. Attiva
dal 2012 e tuttora fiorente, ha permesso ad oggi l’arrivo di almeno 1,2
miliardi di dollari in armi negli aeroporti e i porti del Golfo, poi girate ai
Centri Operativi Militari (Moc) di Amman e Ankara, dove ad operare sono gli
eserciti Usa, saudita, turco e giordano.
La destinazione è presto svelata: lo
I mittenti sono
Eccezion fatta per Bosnia e Montenegro, attualmente
in lizza per l’ingresso nel Patto Atlantico, tutti gli altri sono membri della
Nato. Lo dice chiaramente Robert Stephen Ford, ambasciatore
Alla luce del sole, dopotutto, armi sono
transitate: il Dipartimento della Difesa
Questa è la vera via del terrore, aperta nel
2012 per infiammare la Siria e distruggerla. Una data che ha un suo significato
intrinseco: in quell’anno si riuniscono sotto il cappello anti-Assad gli “Amici
della Siria”, decine di paesi di tutto il mondo capitanati da Stati Uniti,
Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia a braccetto con Golfo, Turchia e
Giordania. Con un obiettivo chiaro: applicare il modello Gheddafi a Damasco.
Nello stesso periodo si è aperta la rotta
balcanica, nome dolorosamente evocativo: una tratta spalancata al commercio di
morte, sbarrata alle centinaia di migliaia di rifugiati siriani in fuga dalla
stessa guerra che quelle armi continuano ad infiammare.
Così è nato un business tanto florido da
costringere le industrie di armi dei paesi est-europei a fare gli straordinari:
se nel 2012 ad essere imbarcate erano armi di epoca jugoslava, recentemente il
primo ministro serbo Vucic ha parlato di un aumento di 5 volte la produzione
standard, mentre in
E pensare che prima
Chiara Cruciati è su twitter @ChiaraCruciati