10 -08- 2016
La città è
l’ultimo chiodo nella bara
di Chiara Cruciati – Il Manifesto
Roma, 10 agosto 2016, Nena News - Ad
Jamana al-Ahmed vive nella zona ovest, sotto
il controllo del governo: «Dopo la rottura dell’assedio da parte dei
ribelli, c’è stata un’impennata dei prezzi dei beni primari e del carburante –
racconta a Middle East Eye – Prima avevamo
elettricità per 10 ore al giorno, ora 5. L’acqua è nella pratica
inesistente da due settimane: al massimo due ore al giorno. Senza elettricità
non abbiamo acqua».
Ieri l’allarme lo ha dato l’Onu: due
milioni di persone rischiano di restare a secco, non c’è acqua da 4 giorni
mentre fuori si sfiorano i 40 gradi. L’Unicef parla di «catastrofe
imminente» e
Un numero che sovrastima, però, la realtà di
Aleppo: nel 2012, prima che la guerra civile penetrasse, i residenti erano poco
più di 2 milioni. Ma centinaia di migliaia se ne sono andati, chi quattro anni
fa, chi negli ultimi mesi. Centinaia di migliaia quelli
rifugiati in Turchia prima della politica delle porte chiuse e tantissimi
quelli bloccati alla frontiera. I più fortunati sono nelle zone controllate
dalle Ypg kurde.
Sarebbero 250-300mila i civili intrappolati
nei quartieri orientali controllati dalle opposizioni laiche e islamiste.
Incerto anche il numero dei residenti a ovest: 1,2 milioni, probabilmente di
meno. Ma al di là dei numeri la crisi umanitaria è esplosiva. Per questo, ieri,
le Nazioni Unite hanno fatto appello alle parti: cessate il fuoco subito, per
almeno 48 ore, indispensabili a portare aiuti alla popolazione stremata.
Invece degli aiuti arrivano altre armi: dopo
la rottura dell’assedio e l’occupazione della base di Ramousa, a sud-ovest, da
parte degli islamisti di Ahrar al-Sham e Jabhat Fatah al-Sham (l’ex al Nusra),
Damasco ha inviato 3mila uomini in più, tra cui combattenti di Hezbollah,
miliziani iraniani e iracheni delle Harakat Hezbollah al-Nujaba.
Le opposizioni fanno lo stesso: con le vie
di transito riaperte, centinaia di miliziani stanno entrando dalla vicina
provincia di Idlib, in mano all’ex al Nusra. «È iniziata una nuova fase per la
liberazione di
«Al confine [turco] ieri abbiamo contato
decine di camion che portavano armi – dice un attivista siriano al Financial Times – Succede da
settimane: armi, artiglieria pesante, non semplici pistole e munizioni». Così,
aggiunge, l’assedio è stato rotto, con un flusso enorme di armamenti dal Golfo
transitati via Turchia.
Più armi, più guerra. Il fronte delle opposizioni
si è compattato come mai prima: la debole meteora dell’Esercito Libero Siriano
(finanziato dall’Occidente per anni attraverso il suo braccio politico, la
Coalizione Nazionale di stanza in Turchia) ha lasciato la guida delle
operazioni ai nemici-amici islamisti. Isolati militarmente, i moderati
si accodano a salafiti e qaedisti, non certo garanzia di futura democrazia. Ma
sono loro ad avere il denaro necessario a mobilitare i miliziani, grazie alle
generose donazioni da Golfo e Turchia.
Alla potente controffensiva delle opposizioni
Damasco reagisce con rabbia: i raid sono continui e, raccontano alcuni
residenti, ad operare sul terreno è la polizia politica che va a caccia di
presunti collaboratori dei “ribelli”. I morti si moltiplicano: gli
ospedali parlano di 100 cadaveri negli ultimi giorni. Almeno 130 i civili
uccisi da entrambe le parti da fine luglio.
Da fuori la comunità internazionale sta a
guardare. Una situazione surreale: si vocifera di un nuovo round di negoziati
per fine agosto con la guerra che impazza. La battaglia di
Sul campo c’è anche qualcun altro, alla fine
catturato dagli obiettivi: foto pubblicate ieri dalla Bbc mostrano
forze speciali britanniche al confine con l’Iraq, impegnate sul terreno a bordo di
veicoli blindati equipaggiati con artiglieria pesante, vicino al luogo di un
attacco dello Stato Islamico.
Starebbero difendendo una base militare
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati