24 agosto 2016
L'obiettivo
ufficiale è schiacciare l'Isis. Ma per i curdi lo scopo di Ankara è frenare
la loro avanzata a Ovest del fiume Eufrate.
Per la prima volta dallo scoppio della guerra civile
siriana, la Turchia scavalca il confine con i suoi carri armati e lancia
un'offensiva che promette di cambiare gli equilibri nella regione. L'operazione
'Scudo dell'Eufrate' ha inflitto un duro colpo all'Isis,
strappando al Califfato la cittadina siriana di Jarablus.
Allo stesso tempo, l'iniziativa frena l'avanzata dei curdi
del Pyd, che nelle ultime settimane avevano tolto ai jihadisti la
località di Manbij.
SUL CAMPO 5 MILA RIBELLI ANTI-ASSAD. L'intervento militare turco è stato
massiccio e si è avvalso di 5 mila uomini dell'Esercito libero siriano, oltre
che della copertura aerea e d'intelligence della Coalizione
internazionale a guida americana. Una mossa strategica per mettere al sicuro il
confine dalle «organizzazioni terroristiche», ha detto il presidente Erdogan, mettendo sullo stesso piano Isis
e curdi e parlando di legittima «autodifesa».
Ma l'offensiva è stata duramente condannata dal regime di Damasco, che l'ha
definita una «violazione della sovranità», mentre la
Russia ha espresso la sua «preoccupazione». La reazione più forte tuttavia è
stata dei curdi: «La Turchia è nel pantano siriano.
Sarà sconfitta come l'Isis».
BATTAGLIA DURATA MENO DI 12 ORE. All'alba, con quasi 300 colpi sparati e
81 obiettivi colpiti, l'esercito turco ha aperto la strada
allo sconfinamento delle forze speciali, impegnate in una missione
intrusiva per compiere azioni mirate contro i jihadisti.
Poi è stata la volta dei tank e dei mezzi blindati.
Dal corridoio aperto dalle bombe di Ankara sono
passati circa 5 mila ribelli, appartenenti a vari gruppi anti-Assad.
Con la copertura aerea degli F-16 turchi e della
Coalizione, i miliziani dell'Esl si sono fatti strada
rapidamente lungo i pochi chilometri che li separavano da Jarablus.
In meno di 12 ore, sono caduti nelle loro mani tutti i
piccoli villaggi sulla strada. Al momento dell'ingresso a Jarablus,
località strategica sul fiume Eufrate e ultima grande
finestra dell'Isis sul confine turco, la maggior
parte degli uomini del Califfato si erano già dati alla fuga verso sud-ovest,
dove ancora regge la roccaforte di al Bab.
UCCISI 46 JIHADISTI. Il bilancio dell'operazione resta ancora da
chiarire: una sola vittima tra i ribelli e nessuna tra i militari turchi,
dicono da Ankara, mentre sarebbero almeno 46 i jihadisti
uccisi. Fonti curde parlano inoltre di 29 civili
morti durante i bombardamenti. Evocata da mesi, l'operazione potrebbe
respingere definitivamente l'Isis lontano dalla
frontiera turca, riducendo i rischi di attacchi con
colpi di mortaio e quelli di attentati al confine, come avvenuto di recente a Gaziantep.
SFUMA IL SOGNO DEI CURDI. I curdi, invece,
dopo mesi di guerra all'Isis, vedono sfumare il sogno
di poter controllare un'intera fascia di territorio e devono fare i conti anche
con la decisa frenata di Washington.
Sotto pressione per la richiesta di estradizione di Fethullah Gülen, il
vicepresidente Joe Biden ha
benedetto la 'linea rossa' stabilita da Ankara: «Lo
abbiamo detto chiaramente dopo l'operazione di Manbij.
Se i curdi non torneranno a
Est del fiume Eufrate, non avranno più il supporto degli Stati Uniti».
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