di Fabio
Marcelli | 31 agosto 2016
Nell’apparentemente enigmatica situazione
vissuta dalla Siria ci sono alcuni elementi che vanno colti al
fine di dare un’interpretazione corretta di una realtà indubbiamente complessa
e in rapido movimento.
Il primo è costituito dalla crescente
difficoltà in cui si trova Erdogan,
dopo il fallito colpo di Stato ai suoi danni e l’appoggio
entusiasta tributatogli da parte non indifferente della popolazione turca. Come avevo scritto, la scelta di Erdogan di radicalizzare la
situazione con la repressione sistematica di tutti coloro di cui non si fida
ciecamente, costituisce in realtà un segno di debolezza e rappresenta un
fattore di crisi strategica del suo regime. Nella stessa
ottica, l’invasione della Siria costituisce un tentativo di rispondere alla
crescita della forza militare e politica dei Kurdi,
ma è anch’esso un errore rovinoso destinato a
indebolire la posizione dell’ex aspirante Sultano.
Erdogan continua a destreggiarsi tra Washington e
Mosca. I suoi equilibrismi hanno fruttato un rallentamento
dell’appoggio fornito ai Kurdi sia dagli Stati
Uniti che dalla Russia. Ma
non sembra trattarsi di un voltafaccia completo. La mediazione russa ha
ottenuto la fine degli scontri ad Hasakah
fra YPG e forze di Assad,che hanno dovuto ritirarsi
dalla città. Gli Stati Uniti, impauriti di perdere l’alleanza con Erdogan, che continua a costituire l’autentico pilastro della Nato nella zona, hanno imposto alle forze kurde di non entrare a Jarabulus, ma al tempo stesso
hanno protestato con la Turchia per il protrarsi dell’aggressione contro i Kurdi. In realtà, come afferma l’Ufficio di informazione del Kurdistan
in Italia, le forze turche sono intervenute a supporto dell’Isis che stava venendo spazzato via dall’offensiva
delle Forze democratiche siriane di cui fanno parte i Kurdi.
Un altro elemento di cui
tenere conto e sul quale si registrano equivoci anche da parte di presunti
esperti è poi rappresentato dall’obiettivo politico delle forze kurde.
Non già uno staterello kurdo
magari sul modello del Kurdistan iracheno al momento controllato dal signorotto
feudale Barzani che costituisce un
fedele alleato di Erdogan,
ma la rifondazione su base democratica e partecipativa di tutti gli Stati della
regione nel mantenimento delle frontiere internazionalmente riconosciute.
Dall’adozione di una tale
posizione, fondata sui principi del federalismo democratico elaborati ed
enunciati da Abdullah Ocalan, deriva l’enorme potenziale rivoluzionario delle forze kurde. Esse infatti, lungi dal
rivendicare un proprio staterello etnicamente puro secondo la logica della spartizione e
della pulizia etnica, rappresentano un modello di società democratica che vale
per tutti gli abitanti della regione. Non è un caso che le forze democratiche
siriane che hanno sloggiato l’Isis dalla frontiera
turca prima di doversi arrestare di fronte all’invasione turca e alle pressioni
statunitensi, non siano composte solo da kurdi ma anche da arabi e da altre etnie presenti nella
zona.
Un modello insomma anche
per il dopo Assad e che dovrebbe essere abbracciato
con molta maggiore decisione dall’intera comunità internazionale se davvero si
volesse porre fine alla sanguinosa guerra civile iniziata con le ingerenze
degli Stati occidentali e delle potenze reazionarie della regione nella crisi
siriana. In questo senso la
penetrazione delle forze armate turche in Siria, oltre a costituire un’evidente
violazione del diritto internazionale, rappresenta un tentativo di
guerra preventiva contro la rivoluzione democratica nell’area.
Come sta accadendo all’Arabia Saudita nello Yemen, tuttavia, Erdogan pare
destinato a impantanarsi sempre di più in Siria e tale
scelta, unitamente al suo rifiuto di negoziare una giusta pace con il Pkk, è destinato a inasprire sempre di più il
conflitto interno e la crisi del suo regime. Ciò nonostante continua l’omertà
di molti Stati, principalmente quelli europei e ovviamente anche il nostro, nei
suoi confronti e nei confronti dei crimini di guerra e contro l’umanità
perpetrati contro il popolo kurdo in Turchia,
delle innumerevoli violazioni dei diritti umani dell’opposizione e del nuovo
crimine consistente nell’aggressione spudorata contro i Kurdi
siriani che sta provocando molte vittime civili.
di Fabio
Marcelli | 31 agosto 2016